Zingaretti vara il suo «Pd aperto», i renziani restano alla finestra
Sì della direzione alle liste Un terzo dei nomi sono civici, ma è ancora polemica sulle aperture a sinistra. Oggi il lancio della candidatura di Massimiliano Smeriglio, il vicepresidente alla regione Lazio
Sì della direzione alle liste Un terzo dei nomi sono civici, ma è ancora polemica sulle aperture a sinistra. Oggi il lancio della candidatura di Massimiliano Smeriglio, il vicepresidente alla regione Lazio
Un terzo delle liste del Pd non è del Pd. Con passo prudente, e avendo incassato con stile anche alcuni no ’pesanti’, Nicola Zingaretti vara le sue «liste aperte» per le europee. In direzione i numeri parlano chiaro: su 207 aventi diritto, votano in 197 e su questi i si sono 167, 30 gli astenuti. Si astiene l’area turborenziana di Roberto Giachetti, che dal microfono attacca l’ingresso di due ex Pd nelle liste (Massimo Paolucci e Cecilia Guerra) e soprattutto quello del vice di Zingaretti nel Lazio, Massimiliano Smeriglio, che proprio stamattina ufficializzerà le sue dimissioni dalla regione e la sua corsa verso Bruxelles. Si astengono anche i «dialoganti» di Base Riformista, l’area Lotti-Guerini, anche se con toni più contenuti: «L’apertura a Mdp, fatta senza un minimo sindacale di discussione politica è insostenibile», spiegano. Si spacca il drappello rimasto fedele a Maurizio Martina, che vota sì. Alla fine la maggioranza sottolinea che nella direzione l’area renziana è dimagrita al 15 per cento, ma il sistema con cui vengono eletti gli organismi dirigenti del Pd da sempre indebolisce le minoranze. Base Riformista fa circolare comunque altri numeri che ridimensionano il trionfo del segretario.
Ma i veri conti si faranno dopo le europee, a risultato acquisito. A quest’area l’apertura a sinistra non è andata giù: perché riguarda soprattutto gli ex Pd e così rischia di reintrodurre vecchie logiche nel partito. La presenza di Siamo europei, nelle liste e nel simbolo, non viene considerata più che una foglia di fico. Per ora la linea resta «né aderire né sabotare». Ma è sicuro che dopo il voto il nodo verrà al pettine. E non è detto che non sia contemporaneamente a una ripresa di attività di Matteo Renzi.
Nel frattempo Zingaretti esulta per la pattuglia di civici che è riuscito comunque a convincere: Giuliano Pisapia, Franco Roberti, Caterina Chinnici erano stati annunciati. La novità di giornata è Roberto Battiston, il fisico presidente dell’Agenzia spaziale italiana cacciato dal M5S. Dalla Cgil arriva Mamadou Sall, segretario generale dell’associazione della comunità senegalese di Firenze. C’è l’avvocata impegnata contro i femminicidi Bianca Verrillo, il germanista Angelo Bolaffi, Ivan Stomeo, sindaco di Melpignano e della Fondazione Notte della Taranta. Caterina Avanza, già impegnata nella macroniana En Marche. Fra i politici, a parte ricandidature già annunciate, Zingaretti ottiene il sì di un nome di lustro della minoranza, quello di Enrico Morando, presidente dell’associazione Libertà Eguale. Vicina a Carlo Calenda invece la candidatura di Beatrice Covassi. Ma il segretario si prende finalmente la libertà di censurare l’ultima esternazione dell’ex ministro contro Michele Emiliano, incappato in un’inchiesta giudiziaria. Calenda ha chiesto di non invitare il presidente della Puglia in direzione e di non offrirgli candidature. «Francamente non condivido le parole di Calenda», liquida freddo il segretario.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento