La separazione del Pd in due parti – una che guarda a sinistra, una che guarda ai moderati – potrebbe essere se non proprio consensuale, almeno un gioco di squadra per ritrovarsi in seguito alleate alle politiche.

Zingaretti non dice questo. Ma per la prima volta articola meglio la sua idea di «campo largo», ovvero il nuovo centrosinistra. Ieri a Otto e mezzo (La7) si concede un commento a quello che dal Quotidiano nazionale Renzi gli manda a dire. L’ex segretario spiega di non credere alla crisi del governo dopo il 26 maggio. Quindi «è evidente che prima delle prossime politiche – non dopo le europee – occorra riorganizzarsi. Bisogna guardare a un centro sinistra moderato, perché la nostra storia e tutto il mondo insegnano che le elezioni le vinciamo al centro, non a sinistra».

Zingaretti stavolta non glissa: «Considero l’intervista di Renzi un mio grande successo personale. È la posizione che ponevo da tempo, mettere fine alla stagione dell’autosufficienza». Quindi no agli «schemi» ma «dobbiamo raccogliere anche una parte di Italia moderata che non starà in un centrodestra egemonizzato da Salvini, una figura diametralmente opposta a quella di Berlusconi», «Poi vedremo chi e come».

Zingaretti certo non si augura la scissione. Ma mette in conto un «chi» e un «come» per raccogliere i forzisti non salvinizzabili. I moderati del suo partito del resto lo chiedono da tempo e la corrente Base Riformista – di Guerini e Lotti – formalizzerà la proposta nell’assemblea di Montecatini dal 5 al 7 luglio. Da prassi ci sarà il segretario. Ma c’è un invito anche per Renzi. Che ieri intanto è stato ovazionato a Roma, al Tempio di Adriano, dove si è presentato al fianco di Roberto Giachetti, in sciopero della fame per Radio Radicale, a sostenere i candidati Bonafé e Danti.

Sarà difficile che la riorganizzazione dei moderati ex forzisti ma anche cattolici – come quelli di Rete Bianca – avvenga all’interno del Pd. Zingaretti ha già il suo da fare per governare gli eventuali affluenti «da sinistra». Sempre ieri sulla Stampa Pier Luigi Bersani disegnava uno scenario apparentemente opposto a quello di Renzi: in caso di crisi anche lui, a differenza di Zingaretti, è contrario a elezioni anticipate («rischiano di ingessare la situazione») ma per il futuro propone un Pd «alla Sanchez» e «un chiarimento con i 5 stelle, si deve mettere in moto almeno un’ipotesi di alternativa».

Tant’è che Nicola Fratoianni, candidato con La Sinistra e fin qui molto distante dal Pd, chiede di chiarire: «Anche volendo usare tutto il riguardo necessario in questo momento delicato verso Zingaretti, credo sia necessario che chiarisca qual è il suo progetto di Pd», dice, «Gli elettori devono sapere per orientarsi. Tutti sappiamo che è impossibile conciliare Berlusconi, Renzi e Calenda con la sinistra. Non per puntiglio ma perché c’è una profonda diversità programmatica su temi cruciali. Dove vuole andare Zingaretti? A destra o a sinistra?».