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Zingaretti a Piazza Grande giura: «Il Pd cambierà strada»

Zingaretti a Piazza Grande giura: «Il Pd cambierà strada»Nicola Zingaretti, presidente del Lazio e candidato alle primarie Pd, ieri al lancio della sua candidatura – LaPresse

Congresso pd A Roma il candidato punta tutto sui sindaci e assicura che rottamerà il renzismo. Il confronto con Minniti preoccupa i dem ma piace ai suoi: «Così saranno primarie vere»

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 14 ottobre 2018

«Non abbiamo alcuna intenzione di tornare indietro verso strade già battute e che hanno fallito. Ma non vogliamo più neanche continuare sulla stessa strada che ci ha portato a fallire». A Piazza Grande, il lancio della corsa alle primarie del Pd, Nicola Zingaretti sale sul palco per un fuori programma. Il suo intervento «ufficiale» è previsto oggi a mezzogiorno alla chiusura della due giorni romana all’ex Dogana, dopo Bernice King, figlia di Martin Luther, e l’ex premier Gentiloni.

Ma non riesce a sottrarsi dall’atmosfera dell’apertura, «piazza municipio». «Rigenerare», «riconnettere», «ricreare», le parole in circolo. Seicento amministratori da tutta Italia a chiedere di fare una cosa civica e di sinistra. Soprattutto Zingaretti deve rassicurarli sul fatto che con lui la stagione renziana può considerarsi chiusa. «La nostra missione non è una cosa che può fare un leader da solo», spiega. Ma anche, dall’altra parte, deve combattere quelli che lo accusano di voler restaurare il Pd anteRenzi, insomma di voler tornare alla filiera Pci-Pds-Ds.

«Io sono pronto al dialogo con il Pd. Ma con quale Pd? Quello che non ha il coraggio neanche di spiegare la sua legge sullo ius soli? No con questo Pd non posso dialogare, siamo stanchi di essere chiamati in campagna elettorale e poi ricevere una pacca sulla spalla». È il giovane Alessio Pascucci, barbudo e riccioluto sindaco di Cerveteri a far esplodere il parterre quando dice «bisogna combattere i barbari». Tutti, civici e dem, iscritti e no, battono sullo stesso tasto: «Ci serve un partito e non c’è stato», dice Giuseppe Germani, sindaco di Orvieto. E Pascucci ricorda che quando con Pizzarotti hanno fondato la rete «Italia in comune» era per non sentirsi soli. «Siamo invitati in parlamento per portare la fascia tricolore, poi dimenticati» e invece «siamo la struttura democratica del paese», attacca Matteo Besozzi, di Castelletto Ticino.
Per questo Zingaretti di loro ha fatto l’anima del suo movimento: perché, spiega, dopo le politiche dei tagli ai trasferimenti, e cioè ai servizi – i sindaci sono quelli che dalla trincea hanno visto i cittadini voltare le spalle. E abbandonarsi ai populismi più o meno di destra.

A «Piazza civica» doveva esserci anche Mimmo Lucano, il sindaco di Riace, simbolo della possibilità di integrazione dei migranti e ora invece ai domiciliari,oggetto di attacchi sgangherati del ministro dell’interno Salvini. Ma sono i suoi colleghi dal palco a salutarlo e attaccare le politiche sui migranti del governo gialloverde. Anche nella versioni light. «Non è possibile che su questi temi il Pd ondeggi fra la brutta copia di Salvini o ’è meglio non parlarne”» dice l’assessora piemontese Monica Cerutti, di Futura. È il dito nella piaga: saranno questi i temi cruciali alle primarie per Renzi correrà Minniti.

L’ala sinistra, coordinata dal suo vice in regione Massimiliano Smeriglio, e i cattolici (è presente in forze anche Demos, costola della Comunità Sant’Egidio coordinata da Paolo Ciani) sono contenti di averlo come avversario: costringerà Zingaretti a uscire dal fair play.

Un fair play fin qui inevitabile, fin qui. Del resto di renziani pentiti o dissociati, ce n’è in circolazione nell’ex Dogana. Né potrebbe essere diversamente, dati i vecchi livelli di consenso interno dell’ex segretario. A presentare la kermesse è Paola Di Michele, già lettiana ma poi renziana. Con discrezione si fanno vedere Dario Franceschini, Luigi Zanda, Lorenza Bonaccorsi, David Sassoli, l’ex ministra Pinotti, persino l’ex ministro Poletti. Poi c’è la sinistra Pd: Andrea Orlando passeggia con il giovane Peppe Provenzano.

La rigenerazione di Zingaretti passa per Gentiloni, ma non a caso prima di lui oggi la platea ascolterà Elvira Ricotta Adamo, giovane attivista di «seconda generazione», e Amedeo Ciaccheri, minisindaco proveniente da un centro sociale. In ballo, spiega Smeriglio, non ci sono solo le primarie Pd, «Piazza grande non è una mozione congressuale ma l’avvio di un percorso per la rigenerazione del paese e della sinistra tutta». Che però passa anche per il congresso Pd.

Ma il confronto con Minniti non sarà facile. Contro Zingaretti, Renzi ha scelto un ex pci, un ex dalemiano, simbolo del pugno duro «democratico» con i migranti, molto popolare nel partito. Con lui, secondo i zingarettiani, Renzi si aspettava che alcuni ’big’ schierati con il presidente del Lazio ci avrebbero ripensato. C’è chi riferisce di un attivismo telefonico dell’ex segretario, e di un tentativo di intavolare un discorso verso «primarie unitarie». Ma senza successo. Gentiloni oggi dal palco «volerà alto», ma a fianco del suo candidato. Ieri dalla prima fila il segretario Martina chiedeva «unità e apertura». E il 19 e 20 ottobre a Milano Gianni Cuperlo riunisce la sua area ma già chiede «un congresso diverso da una conta feroce». Che sembra invece inevitabile.

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