Se la prima poesia di Andrea Zanzotto assomiglia a quella di un paguro che si è rintanato entro l’alcova sicura di un apparente tardo-ermetismo (l’immagine appartiene a Fernando Bandini), la pubblicazione de La Beltà, nel 1968, ha sancito l’inappartenenza del poeta veneto a qualsiasi tendenza lirica novecentesca. Per l’operazione di scavo abissale nelle profondità del linguaggio che la caratterizza, la poesia zanzottiana non assomiglia che a se stessa. Tuttavia, si potrebbe pensare che proprio l’assoluta originalità di Zanzotto e la sua riconosciuta difficoltà pongano paradossalmente dei limiti all’eredità della sua esperienza poetica, isolandola più di altre entro i confini di...