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Yanomami, la piega dietro al ginocchio

Yanomami, la piega dietro al ginocchioYanomami – Fiona Watson per Survival (www.survival.it)

Brasile Nel libro «La caduta del cielo» (di Davi Kopenawa e Bruce Albert, per Nottetempo) la più autentica testimonianza dello sciamanesimo amazzonico. «Difendiamo gli alberi, le colline, le montagne e i fiumi della foresta; il suo pesce, la selvaggina, gli spiriti e gli abitanti umani»

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 21 luglio 2018

La caduta del cielo, il primo libro mai scritto da uno Yanomami (di Davi Kopenawa e Bruce Albert, per Nottetempo) è la testimonianza dello sciamanesimo amazzonico più autentica che sia mai stata registrata. È la cosa che più si avvicina al sedersi intorno al fuoco in una casa comune degli Yanomami per ascoltare le parole di uno sciamano al calar della sera, quando l’atmosfera si tinge di mistero e di magia.
A dargli forma è stato l’antropologo francese Bruce Albert, che, nel corso di decenni, ha registrato ore di conversazione con Davi Yanomami Kopenawa. Ha organizzato e trascritto i racconti orali, li ha editati insieme a Davi, e poi si è dedicato personalmente alla loro traduzione dallo yanomami. Alla fine, vi ha aggiunto glossari e note, fornendo una grande quantità di informazioni di base. Un impressionante tributo alla collaborazione, al lavoro e all’amicizia di un’intera vita.
La caduta del cielo è destinato a diventare un’opera fondamentale per l’antropologia, e uno dei libri più importanti del nostro tempo. Nella prima parte, dedicata alla cosmologia yanomami, Davi ci rivela una visione del mondo complessa tanto quanto quella delle più grandi religioni. L’universo yanomami è multiforme e multistrato, un luogo in continua trasformazione, pieno di forze nascoste, utili, dispettose o assassine, che si spostano e cambiano in base all’umore o a seconda di come vengono trattate. Sebbene imprevedibili, si attengono a certe convenzioni costringendoci a riflettere sull’ipocrisia della nostra società. «Molto tempo fa, gli anziani dei Bianchi hanno disegnato quelle che chiamano leggi su pelli di carta, ma per loro sono solo bugie! – racconta Davi – A loro interessano solo le parole delle merci».

INSIEME AGLI ALBERI
Inalando il tabacco da fiuto yakoana, lo sciamano dotato e ben addestrato accede all’universo occulto di queste forze, degli xapiri e di molti altri «spiriti», ai fini di mantenere l’equilibrio e rendere la vita sopportabile per tutti. «Noi sciamani diciamo semplicemente che stiamo proteggendo la natura nel suo insieme. Difendiamo gli alberi, le colline, le montagne e i fiumi della foresta; il suo pesce, la selvaggina, gli spiriti e gli abitanti umani. Difendiamo persino la terra dei Bianchi al di là della foresta, e tutti coloro che vi vivono».
Davi (62 anni circa) è un viaggiatore occasionale e riluttante; è anche un portavoce e un attivista per i diritti indigeni oggi riconosciuto a livello internazionale. Tuttavia, prima di tutto, è un figlio della foresta pluviale che ha visto parte del suo popolo morire di epidemie importate da agenti governativi e missionari per poi intraprendere, in tutta risposta, il suo lungo apprendistato sciamanico. A differenza di molti attivisti indigeni contemporanei, non è mai andato a scuola e ha sempre vissuto nella foresta.
Nella parte più autobiografica del libro, il suo percorso personale si lega inestricabilmente con il destino collettivo del suo popolo e con la nascita della storica campagna in difesa degli Yanomami promossa dalla Commissione Pro Yanomami (fondata nel 1978 dallo stesso Albert, dalla fotografa brasiliana Claudia Andujar e dal missionario laico Carlo Zacquini), e poi lanciata con successo sul palcoscenico mondiale da Survival International, il movimento mondiale per i popoli indigeni.
Le violenze e i massacri descritti nel libro sono un’eco contemporanea di una litania di genocidi che gli indiani di tutte le Americhe hanno dovuto affrontare negli ultimi secoli, e che continuano ancora oggi. In questo senso, quelli di Davi sono certamente i racconti più dettagliati che siano mai stati registrati dalla parte delle vittime: un’accusa straziante sul prezzo reale delle risorse sottratte alle terre indigene, quello che non viene mai pagato da coloro che ne traggono profitto.
Davi non è impressionato dalla nostra società, ma non si tratta di arroganza: semplicemente non è convinto che lo stile di vita e la visione del mondo occidentali siano gli unici corretti. I capitoli sulla caccia e la guerra sono fonte inesauribile di ispirazione e riflessione sulle società tribali, su ciò che noi pensiamo di esse e sulle nostre stesse società. Altri ci richiamano alla nostra comune umanità, a quella «stessa piega che tutti abbiamo dietro al ginocchio, per poter camminare».

LA GENTE DELLA MERCE
Ma non si deve cadere nell’errore di considerare La caduta del cielo come una semplice diatriba contro i «Bianchi». La visione del mondo yanomami è diametralmente opposta a quella su cui si reggono il commercio e il profitto, ma se Davi fa lo sforzo di viaggiare per parlare con la «gente della merce», è perché vuole che sappiamo che con la nostra insaziabile fame di beni stiamo distruggendo il mondo – e vuole che ci fermiamo.
La battaglia comune è impegnativa. È tra coloro che sfruttano l’idea dello «sviluppo» per aumentare la propria ricchezza a breve termine con un costo a lungo termine che ricade sugli altri, e coloro che anelano a che i principi sui diritti umani si tramutino in fatti concreti nella convinzione che solo così si possa avere un autentico progresso. Tra questi ultimi si contano tutti coloro che credono che la giustizia non sia semplicemente un’opzione, ma sia vitale per salvare il mondo.

BOCCIOLI DEL FUTURO
Il libro di Davi è uno strumento inestimabile in questa lotta eterna; ma soprattutto è una prova scottante dell’immensa varietà e bellezza del genio umano. Nel nostro giardino planetario stanno ancora sbocciando molti fiori, molti modi diversi di guardare al mondo. Vogliamo davvero falciarli tutti tranne i nostri?
Oltre che una tragedia inconcepibile, significherebbe venir meno al nostro dovere verso le future generazioni. Davi Kopenawa pensa che se distruggeremo gli Yanomami, distruggeremo anche noi stessi. Potrebbe avere ragione. Per chi riesce a sopportare di mettere in discussione stereotipi e pregiudizi, il messaggio di Davi merita di essere ascoltato.

(Traduz. di Francesca Casella).
* Stephen Corry è l’autore di Tribal peoples for tomorrow’s world, e Direttore generale di Survival International, che da 50 anni lotta per la sopravvivenza dei popoli indigeni, in tutto il mondo (www.survival.it).

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