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X – A Sexy Horror Story, il sogno americano fatto a pezzi nello scantinato

X – A Sexy Horror Story, il sogno americano fatto a pezzi  nello scantinatoUna scena del film

Al cinema Non solo genere, la regia di Ti West guarda ai film d'autore e alla Nouvelle Vague. Un omaggio cinefilo al porno e ai pionieri dei «peccaminosi» home video

Pubblicato più di 2 anni fa

Un ranch apparentemente abbandonato. Deve essere accaduto qualcosa di orribile. Tra le macchine della polizia, scopriamo la presenza di un cadavere coperto da un lenzuolo. Il copioso sangue sul terreno e un’ascia fanno pensare a come possano essere andate le cose. Nell’abitazione nessun rumore, se non la voce impostata di un predicatore che proviene da una vecchia televisione accesa. Parla delle insidie che minacciano le nostre case. E incita a seguire il Signore, perché sono tempi bui, i peccatori abitano ovunque. Lo sceriffo e il suo assistente continuano ad avanzare con circospezione. Stanza dopo stanza. Che è successo in quel luogo? E cosa hanno visto gli agenti nello scantinato, da rimanere senza parole?

COSÌ ha inizio X – A Sexy Horror Story di Ti West. Un avvio con una premessa che chiarisce immediatamente il genere di riferimento. Anche se lo stacco improvviso in un camerino con una ragazza che sniffa cocaina e si prepara per recitare in un film dal titolo Le figlie del contadino, conduce a deviazioni verso altro tipo di cinema. E infatti, la prima parte di X – A Sexy Horror Story è un vero e proprio omaggio al cinema porno e, soprattutto, ai pionieri che si misero in testa l’idea di trasferire il sesso per immagini dalle sale alle case. Attraverso i più confortevoli ma altrettanto peccaminosi home video.Non solo genere, però. Anche la cinefilia autoriale, affidata in particolare a due personaggi della troupe che si occupano delle riprese, del suono e del montaggio, e che aspirano al cinema francese e alla Nouvelle Vague. Un mescolarsi di riferimenti che porta a chiedersi se la furia che prima o poi travolgerà i giovani filmmaker, sarà in rappresentanza di Joe D’Amato o di Jean-Luc Godard.

È il 1979. Siamo a Houston, almeno secondo la prima didascalia. Poi la scena si sposta nel ranch di cui si è detto. Tra sesso e horror, quello che turba le coscienze in realtà è il cosiddetto sogno americano. Nel gruppo variamente ambizioso sono presenti due attrici, un attore ex marine, un regista pieno di debiti, un filmmaker velleitario che immagina il porno come trampolino di lancio per il grande cinema, e una tecnica del suono che all’inizio ci rimane un po’ male nello scoprire in quale impresa sia stata coinvolta.
Tutti vogliono emergere, tutti desiderano saltare l’ostacolo per arrivare dall’altra parte, dove si è pervasi da benessere e celebrità, lasciandosi alle spalle la banalità del quotidiano, dell’esistere sopravvivendo. «È tutta la vita che sono paziente. Voglio essere famosa Wayne. Sono pronta per la bella vita, sono stufa di non avere mai quello che voglio», questo è quello che cerca Maxine, prima che arrivi la tempesta, prima che il porno torni a essere horror. Tutto cambierà, e non prenderà esattamente la direzione sperata.

IN OGNI film horror, anche in quello che gioca, ironicamente e non, sulla distinzione tra cinema d’autore e B movie, arriva un momento nel quale sia spontaneo chiedersi se la grande mattanza che sta per colpire i protagonisti della scena, sia da intendersi come un castigo divino o una sorta di visione negativa del mondo. In altre parole, il mostro che uccide, che deturpa, che violenta, compie le sue azioni per reprimere o per avvertire che in questo mondo la libertà è un privilegio che nessuno può permettersi? Morale o anti-morale? Culto della repressione o canto dolente?
X – A Sexy Horror Story non si sottrae a questo modo ambivalente di osservare le cose, e lo fa, va aggiunto, con stile e raffinatezza, elevandosi rispetto alla media dei film di genere horror che usualmente popolano le sale d’estate.

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