Alias Domenica

Wright of Derby, il ritrattista della scienza e dell’industria

Wright of Derby, il ritrattista della scienza e dell’industriaJoseph Wright of Derby, "An Experiment on a Bird in the Air Pump", part., 1768, Londra, National Gallery

Dalla National Gallery du Londra agli Uffizi di Firenze L’esposizione agli Uffizi di Firenze, l’"Esperimento con un uccello in una pompa ad aria" di Joseph Wright of Derby L'occasione dà modo di profilare il pittore inglese: il lucido albeggiare dei tempi moderni, fra metafora e documento

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 29 novembre 2020

Jopseph Wright of Derby (1734-’97) fu l’unico grande pittore di fine Settecento che si fece precursore e interprete del rapporto tra arte e scienze, di un possente processo che trasformerà alla radice la società inglese che per prima ne fu investita. La pittura di Wright è la più alta testimonianza di come la rivoluzione scientifica e industriale fu capace di permeare di sé non solo l’economia, l’urbanesimo, il paesaggio, ma anche l’arte e non solo nei suoi aspetti letterari.
L’atteggiamento di Wright rispetto a questo tema centrale della sua pittura è duplice: dapprima un interesse che definirei metaforico, vòlto cioè a celebrare quel sottofondo scientifico che è premessa a una svolta propriamente operativa; poi un interesse documentario che assume a soggetto delle sue tele un universo di manufatti, di gesti, di umana operosità estraneo ai «generi» consacrati dalla tradizione. Wright è l’incipit di un nuovo filo che sottilmente attraversa la pittura occidentale, fino agli esordi del Novecento, con la macchinolatria di Mario Morasso e dei Futuristi.
La pittura «scientista» wrightiana è ben testimoniata da due capolavori: Un filosofo tiene lezione su di un planetario (1766, Derby Art Gallery) ed Esperimento con un uccello in una pompa ad aria (1768, Londra, National Gallery). Le due tele sono l’approdo più maturo delle sue ricerche sulla luce artificiale (nel Planetario infatti la luce del sole è sostituita dal lume di candela), nelle quali è presente l’influenza del caravaggismo olandese, come scrisse per primo Benedict Nicolson (1964) – restano memorabili le mostre curate da Judy Egerton (1990). Nell’Esperimento la scena ha una sua drammaticità: il progresso scientifico è doloroso, esige i suoi prezzi e in tal caso la vittima è l’uccello a cui viene sottratta l’aria; una fanciulla si nasconde il volto tra le mani per celare le sue lacrime, una bambina inclina al pianto, ma lo scienziato ha il volto fermo di chi sa dove conduce la sua ricerca.
La complessità della composizione, la modulata attenzione ai volti – ciascuno ha il compito di esprimere un sentimento – fanno assumere all’immagine la funzione di una grande metafora del progresso della scienza. Il tema dell’esperimento illustrato è legato alla ricerca condotta dall’amico astronomo di Wright, James Ferguson. Il pittore infatti fu un devoto di questa religione e tra i suoi amici si contano numerosi scienziati del tempo, alcuni dei quali erano degli industriali, ed entreranno a far parte della splendida galleria dei suoi ritratti. L’Esperimento, capolavoro indiscusso della National Gallery di Londra, lo si può vedere – ora solo online – alla Galleria degli Uffizi di Firenze, nell’esposizione Joseph Wright of Derby Arte e Scienza, curata da Alessandra Griffo. Vi resterà fino al 24 gennaio.
Ma un aspetto non meno rilevante nell’opera di Wright fu la sua presenza originale nella pittura di paesaggio e nelle composizioni sul tema dell’industrialesimo. Derby fu uno dei centri di questo nuovo sviluppo ed è forse un segno del destino che il pittore abitasse per tutta la vita in una casa in Irongate street. Negli anni della maturità la sua attenzione alle forge, ai cantieri della produzione metallurgica va ben oltre la soglia della metafora e diviene testimonianza e documento storiografico: il tema delle forge lo incontriamo numerose volte negli anni settanta del Settecento, ma se nell’Officina del fabbro (1771, Derby Art Gallery) è facile riconoscere la tradizione iconografica di Vulcano, del tutto originale è La forgia vista dall’esterno (1773, San Pietroburgo, Museo Ermitage), in cui per la prima volta non è la forza muscolare del mantice a rendere incandescente il metallo, ma una macchina idraulica capace di funzionare ventiquattr’ore su ventiquattro.
All’incudine e al martello, al mantice e al braccio possente della divinità del fuoco succede definitivamente l’impersonale e meccanica possanza dell’industria: il martello idraulico sostituisce gli attrezzi dell’artigianato e non vi sono intorno uomini a torso nudo, ma una coppia al lavoro e degli operai in una posa di tutto riposo. È la macchina che ha vinto lo sforzo fisico e il progresso non è più una metafora cara allo spirito dei Lumi, ma una concreta esperienza còlta nella sua operatività. Il dipinto ebbe un grande successo in Inghilterra ma l’acquirente fu Caterina II di Russia.
Quando la tela fu venduta alla zarina, Joseph si trovava a Roma: il viaggio in Italia fu un’occasione che gli consentì di affinare la qualità della sua pittura. Infatti la sua produzione è decisamente disuguale, maturò a contatto con quanto egli aveva visto in Italia: Wright volse la sua perspicace attenzione ad altri temi che diverranno tipici della sua opera e non meno importanti.Quando intraprese il viaggio in Italia (dal febbraio 1774 al settembre 1775), a parte l’ammirato stupore per le vestigia antiche, Wright non sapeva che ne avrebbe tratto temi che gli divennero carissimi. Le cascate, i laghi, gli specchi d’acqua (a Nemi, a Tivoli, in Campania) sulla scia di Alexander e Robert Cozens, i fuochi d’artificio nel cielo di Roma nel lunedì di Pasqua o nel giorno di San Pietro e Paolo e soprattutto il Vesuvio in eruzione con le isole della baia divennero soggetti di numerose tele.
Non v’è dubbio che le eruzioni di Wright siano tra le più belle che siano state dipinte su di un soggetto di certo non nuovo, ma il pittore di Derby le affronta con la competenza o comunque la passione di un vulcanologo e di un mineralogista. Nel Mezzogiorno resta affascinato dalle grotte disseminate lungo la costa amalfitana, nelle quali trova la memoria vibrante del grande Salvator Rosa, celeberrimo in Inghilterra.
Questa origine ha certamente La grotta ai bordi del mare, con banditi in cui troviamo il Sublime, il Pittoresco e il tema, altrettanto rilevante nell’estetica settecentesca, del Terrifico ben esemplato dai banditi con costumi e armi antiche. Non sfugge alla suggestione della mitica Tomba di Virgilio, così come a Roma non si sottrae al fascino dei Mirabilia.
Un carattere diverso ha la tela che raffigura Filanda di cotone. Arkwright di notte (1782-’83). Qui l’edificio industriale è lontano, immerso in una notte di plenilunio che illumina la fabbrica di rossi mattoni, come avvolta da una gonfia verzura: quasi che Wright avesse voluto prendere distanza dalle macchine come feticcio e ritornare all’incanto della natura.
La sua galleria di ritratti è assai ricca e in essa figurano milord e lady, molti industriali e uomini di scienza che ebbero un posto rilevante nella sua produzione e nella sua vita: esemplare in tal senso il suo ultimo autoritratto con il modello della Filanda di Arkwright, vero suggello delle sue intenzionalità tematiche e poetiche.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento