L’ottocentesco Teatro Municipale São Luiz ha consacrato Ivo Papasov, clarinettista rom bulgaro con alle spalle oltre cinquant’anni di musica da matrimonio dai sentori jazz, sviluppata ben prima che la scivolosa categoria di world music non era ancora entrata nel lessico mediatico. A lui è andato l’Artist Award in conclusione della ventottesima edizione dell’Expo mondiale della musica, organizzato da Piranha Arts e da Amg Music, che ha portato per il secondo anno consecutivo in Portogallo, il primo nella capitale lusitana, il collaudato baraccone dei professional della fiera delle diversità musicali (19-23 ottobre). Dopo la non faticosa ripartenza post-pandemica lo scorso anno a Porto, Womex 22 ha significato il rilancio in grande stile della fiera dominata dalle agenzie di booking, con presenze di alcune istituzioni culturali nazionali e sovranazionali, artisti singoli e festival. I numeri sciorinati parlano di oltre tremila delegati (tra i quali 280 artisti in scena), oltre sessanta concerti spalmati su sette palchi, docu-film, dibattiti e i consueti meeting formali e informali tra gli operatori del settore. accolti negli stand allestititi alla Altice Arena, opera dell’architetto Regino Cruz, che dal 1998 ospita convegni, spettacoli ed eventi sportivi.

PROPRIO nella sede della fiera, lo spazio del cosiddetto Daycase Stage riserva sorprese, con due set al giorno, che conducono i delegati alla scoperta di proposte più intime e raccolte, pure inconsuete, come quella del duo estone Ruut, al secolo Katarina Kivi e Ann-Lisett Rebane. Messe una di fronte all’altra, condividono il tradizionale kannel che pizzicano e percuotono, tra arpeggi, scure note di risonanza e belle armonizzazioni vocali, elaborando temi minimalisti e rarefatti ispirati alla natura e al folklore baltico. Invece, il quartetto del Massachusetts Windborne parte dalla tradizione del canto a cappella comunitario americano per innestare nel repertorio anche forme polifoniche corse e georgiane apprese sul campo oltre ad attingere al canzoniere folk e delle protest song. Forte e gentile la nord-irlandese Dani Larkin da Armagh, è consapevole di vivere in questa terra di mezzo: una storyteller che canta di relazioni e di identità fluide nel suo acclamato esordio Notes For a Maiden Warrior.

RIGUARDO ai concerti serali, il programma raccoglie una messe di showcase di 45 minuti che costringono come consuetudine la comunità dei «Womexican» a spostarsi da un venue all’altro. Al Teatro Capitólio si impone subito la veterana settantaseienne Lia de Itamaracá, cantante, autrice e ballerina, esponente di spicco della ciranda e della cultura nordorientale brasiliana. Ha un terzo dell’età dell’icona carioca, la portoghese Sara Correira, cresciuta coltivando il suo stile tra cantanti e musicisti di fado che hanno a cuore l’espressività più tradizionale del genere. Ma a scuotere l’audience è Bia Ferreira con la sua Música de Mulher Preta Musica di Donna Nera), travolgente espressività su testi urticanti che testimoniano il suo impegno a favore dei diritti Lgbtqla+, nonché contro razzismo, omofobia e xenofobia. Pure, tocca il cuore il chitarrista e autore capoverdiano-portoghese Tito Paris: l’apoteosi del suo set arriva quando la platea condivide con lui Sodade dell’immensa Cesaria Evora.

Ma a scuotere l’audience è Bia Ferreira con la sua Música de Mulher Preta Musica di Donna Nera), travolgente espressività su testi urticanti che testimoniano il suo impegno a favore dei diritti Lgbtqla+,Al Teatro Tivoli, mostra charme il cantaor flamenco Israel Fernandez, emoziona il progetto che dà una cornice contemporanea ai repertori rituali della Terra di Arnhem eseguiti da Ngulmiya, cantante, leader comunitario e danzatore. Di una dimensione sperimentale improvvisativa con cui rileggere le tradizioni colte e popolari coreane si fanno portatrici le tre percussioniste Groove&, mentre il figlio della grande cantante palestinese Firas Zreik fa dialogare la sua cetra qanun con i linguaggi jazz. Nel cartellone trovano spazio il groove afro-beat-highlife-rock dei ghanesi Fra!, l’altrettanto potente miscuglio dei colombiani La Mambanegra e la mezcla garage-marimba-punk-cumbia dei messicani Son Rompe Pera. Altra effervescenza creativa viene dalla libera fusione tra chaabi, funk e pop dell’algerina Djazia Satour e dall’accattivante distillato urbano maghrebino-rock-prog-jazz dei marocchino-francesi Aywa. Invece, dalla tormentata area di Timbuctu, si fa notare la piccola orchestra familiare Al Bilali Soudan, custode delle tradizioni musicali Kel Tamasheq. Miete consensi per il gran temperamento della front woman pure la fusion vintage pop-rock anatolica della suonatrice di baglama turca Derya Yildirim & Grup Simsek.

LA PATTUGLIA dell’est Europa lascia il segno con Tegie Chłopy, orchestrina da ballo polacca di fiati, violini e percussioni, con la ambient fusion di timbri vocali e strumentali e di ritmi tradizionali dei bulgari Oratnitza e il dark folk del quartetto nord-macedone Perija, i quali valicano i confini balcanici facendo incontrare la loro attitudine dark folk con i modi del maqam e innesti di musica atonale. Nonostante la difficoltà nell’esibirsi in un contesto «rumoroso» e non rispondente appieno acusticamente, il gruppo è stato tra i protagonisti dei concerti offWomex, tenutisi nel tendone allestito al Parque Mayer. Si tratta della vetrina, collaterale alla selezione ufficiale, il cui palinsesto è stato illuminato da una Italian Night, che ha portato sul palco il racconto poetico e gli incroci musicali mediterranei di Stefano Saletti & Banda Ikona, il classicismo dei napoletani Suonno D’Ajere e la pizzica furente dei salentini Kalàscima. L’iniziativa nata dalle connessioni del network Italian World Beat, ha messo al centro dell’attenzione la nutrita delegazione italiana. A confortarci in questa annata di rinnovato slancio womexiano, nonostante le politiche culturali italiane poco si curino del movimento trad e world, si aggiunge anche la presenza di due label, Ponderosa Music & Art e Visage Music, entrate nel novero delle dieci più importanti etichette discografiche mondiali.