Visioni

William Forsythe, danzando tra regola e eccezione

William Forsythe, danzando tra regola e eccezioneMartina Arduino e Timofej Andrijashenko – foto di Brescia e Amisano

A teatro Alla Scala di Milano fino al 30 maggio un ciclo di lavori del grande coreografo statunitense. La collaborazione col musicista James Blake, due mesi condivisi con i ballerini scaligeri per far emergere la loro corporeità unica

Pubblicato più di un anno faEdizione del 13 maggio 2023

Una festa. Una gioiosa dichiarazione di fiducia e di amore al binomio tra accademia, intesa come regole, passi, vocabolario del balletto, ed eccezione da tradurre nella parola coreografia. È in scena fino al 30 maggio al Teatro alla Scala Serata Forsythe – Blake Works V, danzare dentro il presente con un maestro come William Forsythe, sperimentatore formidabile da più di quarant’anni.

«BLAKE WORKS V» si apre con la prima assoluta di Prologue, favoloso pezzo sospeso, seguito dalla rielaborazione per otto danzatori del magnetico The Barre Project nato in piena pandemia come streaming per un quartetto con la ballerina americana Tiler Peck, chiude Blake Works I, ideato nel 2016 per i ballerini dell’Opéra di Parigi, ora danzato dal Corpo di ballo scaligero. Una serata che porta a compimento il ciclo di lavori iniziato sette anni fa da Forsythe su musica di James Blake, cantautore e compositore inglese, campione del dubstep, formazione musicale classica solidissima tra gusto del contrappunto e generi contemporanei.

Una festa perché Forsythe, che a Milano ha lavorato con i ballerini scaligeri per più di due mesi, ha provato quanto sia bello far scoprire le possibilità infinite del balletto nella corporeità esperienziale dei danzatori. Nessuna narrazione, ma la chiara evidenza di quanto ogni corpo sia voce dell’esperienza della persona, un gioco di tonalità e sfumature che ha messo in luce non solo primi ballerini e solisti, ma anche tanti danzatori del Corpo di Ballo. Così è da Prologue, danzato ogni sera dai solisti Maria Celeste Losa, Domenico Di Cristo e Navrin Turnbull, con, dal Corpo di ballo, Giulia Lunardi, Edward Cooper, Francesco Mascia e Saïd Ramos Ponce. La canzone di Blake è Lindesfarne I, che riparte più volte con i suoi tempi di cesura e di silenzio. È come se i sette ci dessero le chiavi d’accesso a ciò che verrà dopo, tenendo sostenute alcune pose, da cui poi il gioco tra accademia ed eccezione prende il via. Bellissimo il passo a due tra Turnbull e Lunardi. Il pezzo finisce con un solo danzatore, che arretra con un classico port de bras, prima che il ballerino si osservi meditabondo le due mani. E sono le mani che riappaiono incrociandosi sulla sbarra nel video di passaggio a The Barre Project.

QUI I CAST sono vari: al debutto i primi ballerini Nicoletta Manni e Marco Agostino, con i solisti Losa, Camilla Cerulli, Linda Giubelli e dal Corpo di ballo Andrea Risso, Gioacchino Starace e Rinaldo Venuti. Non si pensi che la gerarchia con Forsythe crei barriere: flirtando con una sbarra e al centro nel buio del palcoscenico gli otto emergono ognuno con qualcosa di suo, Giubelli per velocità, Venuti per brioso piglio, Cerulli per stacco e così via tutti. La chiusura, Blake Works I, sull’album The Colour in Anything ha in primo piano quattordici danzatori: magia contemporanea degli épaulements, fulminanti pirouettes, jetés, cabrioles, gioco tra minimali citazioni da pezzi cult del repertorio come Serenade di Balanchine, ma anche da sequenze tipiche della Scuola dell’Opéra di Parigi: tra i pezzi, è super il duo tra la prima ballerina Alice Mariani e il solista Christian Fagetti, lei in accademico azzurro, lui casual, astrazione di passi che diventa sentimento. Grandi Claudio Coviello, Martina Arduino e il cast tutto.

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