Visioni

«White night», l’ombra di Lang nell’incubo elettronico

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Videogame Il piccolo team indipendente Onesome Studio crea una raffinata macchina da brivido per Playstation 4

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 13 marzo 2015

È un bianco e nero accecante, anche quando dipinge le tinte più oscure della tenebra, quello utilizzato dal piccolo team indipendente francese di Osome Studio per raccontarci e farci giocare il disperante incubo di White Night. Un bianco e nero capovolto, in negativo, con cui è affrescata una storia autunnale che trascorre tutta in una notte durante la quale luce e buio feriscono gli occhi con la stessa crudeltà.
Uscito quasi a sorpresa per Playstation 4, PC e XBox One, White Night comincia fuori da un locale malfamato di Boston: all’esterno c’è un uomo visibilmente ebbro di alcol che sale sulla sua auto per allontanarsi nel crepuscolo. E’ l’epoca della Grande Depressione, scenario inedito per un videogioco, ma la disperazione traspare da ogni parola, immagine e suono in un opera elettronica che più che il noir classico ricorda le derive più tetre e spaventose del Lang tedesco.

Mentre l’uomo guida, attraversando il ponte su Mystic River, una figura di donna scorre nella notte causando l’uscita di strada del suo veicolo.Così questa strana e spettrale avventura ha inizio, nei pressi di una villa sinistra. Possiamo camminare a stento e la prima decina di minuti del gioco, tra le ombre di un giardino dove sorgono solenni lapidi dimenticate, le dobbiamo percorrere caracollando, mentre il silenzio, talvolta interrotto da una partitura che miscela con successo agghiacciante toni jazz con armonie horror, sembra divorare lo spazio e il tempo con la stessa voracità dell’assenza di colori vivi.

Ispirato, almeno nella sua macrostruttura, ai survival horror delle origini, White Night non sarebbe tale se non ci facesse perlustrare una vasta magione abbandonata, almeno dai vivi. Qui chi è abituato ai ritmi più frenetici e «armati» delle ultime produzioni del genere si troverà a vagare in uno stato di malinconica impotenza e l’unica risorsa utile alla sopravvivenza è la luce. Abbiamo a disposizione dei fiammiferi il cui lucore arancione, unica traccia cromatica che non sia quella dei neri e dei bianchi, illumina ambienti vetusti, un tempo solenni ma precipitati in un trasandato abbandono. La luce è l’unica arma contro le presenze inquiete e spettrali che abitano la magione, sofferenti e violente tracce ectoplasmatiche di una tragedia consumatasi tra quelle mura.

Disegnato con arte e coscienza pittorica e cinefila, musicato con stile e spaventoso come certi racconti di fantasmi di Richard Matheson, White Night è la dimostrazione del talento e della forza creativa del videogioco indipendente contemporaneo, in questo caso comunque distribuito, solo come copia digitale, da un colosso come Activision che ne ha intuito le potenzialità. Inclemente con il giocatore, non per la difficoltà che non risulta mai troppo eccessiva, ma per la dolente e soffocante atmosfera di ogni suo quadro che provoca una spossata tristezza e mai raccapriccio, il videogame di Osome Studio merita di essere vissuto a tarda notte e con le cuffie, rivelandosi così in un tutta la sua sconsolante e ispirata dimensione artistica di raffinata macchina da brivido.

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