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Wesolowski rischia fino a sei anni, ma è mistero sulla pena

Wesolowski rischia fino a sei anni, ma è mistero sulla penaL’ex nunzio apostolico Józef Wesolowski, arrestato martedì in Vaticano

Pedofilia A fine anno il processo. Il nunzio arrestato in Vaticano rimarrà agli arresti 50 giorni. Non si sa il luogo in cui sconterà l’eventuale condanna

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 25 settembre 2014

Potrebbe cominciare già alla fine di quest’anno, o all’inizio del 2015, il processo penale contro l’ex nunzio apostolico Józef Wesolowski, arrestato martedì in Vaticano dalla gendarmeria pontificia con l’accusa di abusi sessuali su minori e possesso di materiale pedopornografico.

Nei prossimi giorni, spiega padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa sede, Gian Piero Milano, promotore di giustizia del tribunale di Oltretevere (il pm del Vaticano), completerà le indagini preliminari, interrogherà l’imputato, assistito da un avvocato d’ufficio, e «potrà formulare al Tribunale la richiesta di rinvio a giudizio. Qualora questa sia accolta, inizierà il processo».

Frattanto l’ex nunzio 66enne – per motivi di salute, «comprovati dalla documentazione medica», precisa Lombardi – è trattenuto agli arresti domiciliari all’interno della Città del Vaticano, un provvedimento deciso per prevenire possibili fughe e inquinamenti delle prove. Ci potrà restare al massimo tre mesi, perché la custodia preventiva può durare 50 giorni, rinnovabile per ulteriori 50. Subito dopo potrebbe aprirsi il processo. Se riconosciuto colpevole dalle autorità pontificie, rischia fino a sette anni di detenzione, che però non si sa dove sconterà, dal momento che dentro le mura leonine non esistono prigioni.

Ma a quel punto si aprirebbe un altro fronte, utile per misurare la volontà della Santa sede di collaborare anche con le autorità giudiziarie civili di altri Stati. Infatti sia la Repubblica Dominicana – dove sono stati compiuti i reati quando Wesolowski era nunzio a Santo Domingo, dal 2008 al 2013: adescava ragazzini sulle spiagge e nei sobborghi della città –, sia il suo Paese, la Polonia (venne ordinato prete nel 1972 a Cracovia da Wojtyla, che poi da papa lo consacrò anche vescovo), sia anche altre nazioni dove ha lavorato come diplomatico nel caso ci fossero ulteriori inchieste giudiziarie a suo carico in corso (Bolivia, Kazakhstan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan) potrebbero chiedere l’estradizione dell’arcivescovo. Finora le autorità vaticane hanno opposto la motivazione che Wesolowski godeva di immunità diplomatica, attirandosi anche le critiche dei comitati Onu per i diritti di fanciullo e contro la tortura. Ma se in seguito ad una condanna dovesse perderla, sarebbe difficile per la Santa sede rifiutare eventuali richieste di estradizione. E in questo caso si tratterebbe veramente di una svolta senza precedenti.

Prima ancora del giudizio penale, arriverà quello canonico. Mons. Wesolowski infatti, che nell’estate del 2013 venne richiamato in Vaticano, è già stato condannato in primo grado per pedofilia e dimesso dallo stato clericale con un provvedimento della Congregazione per la dottrina della fede (l’ex Sant’Uffizio) alla fine di giugno (pochi giorni prima fu casualmente notato passeggiare nel centro di Roma dal vescovo ausiliare di Santo Domingo che twittò: «Il silenzio della Chiesa ha ferito il popolo di Dio»). L’arcivescovo ha opposto ricorso. Il giudizio di secondo grado – a questo punto dall’esito piuttosto scontato – arriverà nelle prossime settimane. Se confermato, e quindi definitivamente ridotto allo stato laicale, l’immunità diplomatica Wesolowski la perderebbe subito.

«L’iniziativa assunta dagli organi giudiziari è conseguente alla volontà espressa del papa, affinché un caso così grave e delicato venga affrontato senza ritardi, con il giusto e necessario rigore», dice padre Lombardi. L’evoluzione della vicenda dimostrerà se è davvero così.

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