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Weronika Szyma e Karina Paciorkowska, la resistenza «animata» delle donne polacche

Weronika Szyma e Karina Paciorkowska, la resistenza «animata» delle donne polaccheDal corto «#polish_women_resistance»

Intervista Due allieve della scuola di Lodz raccontano il loro impegno politico e artistico

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 12 dicembre 2020

In Polonia c’è un imponente movimento contro il governo a difesa del diritto di aborto. Un suo aspetto particolare nasce da un gruppo di giovani animatrici e animatori che hanno prodotto corti in tema, con buona visibilità e ricaduta mediatica. Flash forti in rosso e nero di stati emozionali alterni delle donne, nel momento delicato in cui devono poter decidere sul proprio corpo, sono espressi in estrema ma efficace sintesi (su Youtube: #polish_women_resistance). Ne parliamo con due autrici della scuola di cinema di Lodz: Weronika Szyma e Karina Paciorkowska.

Che cosa è stato realizzato esattamente?
Karina: Il film che abbiamo fatto consiste di una cinquantina di scene brevi, ognuna realizzata da un animatore diverso, ma trattato come un film intero. Per i media è seguita una versione ridotta. Poi sono arrivate versioni della protesta animata dai registi dell’Università delle Arti di Poznan, e una dagli animatori ungheresi, in solidarietà con le donne polacche.
Weronika: Avevamo deciso di fare dei corti animati, collegati dal simbolo di una saetta e da slogan, parole che esprimevano esattamente quello che sentiamo. Volevamo che fosse molto personale e onesto, non come uno spot ma come la voce reale di veri giovani, e dovevo agire alla svelta.

Che cosa vi ha spinto?
W: Quando abbiamo appreso la decisione della Corte Costituzionale sapevamo di voler agire, ma non sapevamo come esprimere la nostra rabbia.
K: Molte persone, me inclusa, siamo scese subito in strada la notte stessa e così abbiamo proseguito nelle settimane successive. Ma non bastava e, dato che siamo animatori, la forma della nostra protesta si spiega da sé.

Come avete iniziato? Quante persone e come sono state coinvolte nel progetto?
W: Ho deciso con la mia amica che il modo migliore era di usare quello che sappiamo e possiamo fare e di realizzare un’animazione coinvolgendo altri animatori. Ho pubblicato un post sul gruppo facebook dei nostri animatori e nel giro di qualche ora circa 50 persone volevano fare parte del progetto. Ognuno ha inviato il proprio pezzo e il processo è stato vivace e un po’ caotico, ma ha sortito un’animazione di 8 minuti fatta in due giorni.
K: L’ha lanciata Weronika e la risposta è stata immediata. Stavo pensando di fare qualcosa per conto mio, ma un progetto comune di studenti furiosi mi è parso un modo molto più appropriato di protestare. La sera stessa c’è stata una chiamata Zoom fra tutte le persone interessate e ci siamo confrontate. Le «regole» erano semplici: una frase personale in prima persona sui diritti delle donne e/o la situazione in Polonia, più qualche secondo di animazione. Doveva iniziare e finire con una saetta rossa, simbolo della protesta.

Come è stato organizzato il lavoro e poi diffuso?
W: Io e Natalia, la montatrice, ci siamo occupate di organizzare e montare l’intero film, ma devo dire che c’è stato un enorme sostegno da parte di tutti gli animatori. D’un tratto volevamo tutti agire e lavorare insieme per un’unica causa che era più forte di qualsiasi ostacolo. L’idea di fare un film è nata venerdì, domenica era pronto e lunedì esordiva sull’account Facebook di G’rls ROOM, una rivista femminista alternativa polacca che informa e educa sul sesso, che ancora non è così comune in Polonia.

K: Natalia Spychala l’ha montato e Pim Lekler ha composto una musica molto adatta. Avendo partecipato a delle campagne sociali volontarie in passato, contro discriminazione e odio verso le persone lgbt+ in Polonia o per incoraggiare i giovani a votare, avevo amici e conoscenze nelle organizzazioni civiche femministe d’opposizione e nei media «liberal» a cui chiedere una mano. Dopo qualche giorno di caos completo per gli scioperi, è diventato virale. Dovevamo poi attirare l’attenzione dei responsabili dei contenuti dei siti popolari di social media e dei giornali. Sono particolarmente orgogliosa che sia stata pubblicata sulla pagina officiale del Women’s Strike Warsaw. I commenti di manifestanti, che dicevano di sentirsi rappresentati dalla nostra animazione o che avevano proprio bisogno di vedere quello in quei giorni, erano impagabili. Il film è stato proiettato anche sui muri di edifici durante le proteste ed è apparso anche in tv, che raggiunge un pubblico diverso da internet.

Pensate che l’animazione possa giocare un ruolo importante nell’affrontare questioni sociali?
W: Decisamente sì, c’è stato un enorme interesse per il nostro film. L’arte, e specialmente l’animazione, può essere più simbolico e può far cambiare il modo di pensare delle persone. Quello che più mi ha colpito è stato quando le persone in disaccordo con la mia opinione sulla legge sull’aborto mi ha detto che, vedendo il nostro film, sono rimaste impressionate e le ha aiutate a capire il nostro punto di vista.
K: È un mezzo eccellente e meno consueto dei film «regolari». Ottiene più attenzione ed è gradevole sul piano visivo. Si può capire in qualsiasi lingua e senza parole, quindi si può proiettare alle manifestazioni ed è adatto ai social media, dato che funziona come illustrazione animata. Può veicolare processi molto complicati in un modo grafico semplice per lo spettatore. In confronto al film dal vero, gli attori non possono diventare dei veri simboli, mentre l’animazione opera per simboli.

Avete avuto esperienze precedenti in tema sociale o politico?
W: Recentemente mi sono impegnata in una causa palestinese. Lavoro con il collettivo olandese @act.of.benevolence che raccoglie fondi per i campi profughi palestinesi e sensibilizza in Europa sulla cultura dei paesi medio orientali per combattere gli stereotipi.
K: Quasi tutti i miei film ci si rapportano in qualche modo. Il mio film di diploma You are overreacting, presentato e premiato a diversi festival, è stato realizzato in un contesto molto simile dato che avevo iniziato a lavorarci durante la prima onda di proteste delle donne polacche nel 2016. Ero altrettanto arrabbiata e in lotta per cambiare allora come ora, e penso sia un sentimento universale fra i giovani polacchi. Non posso credere che il governo stia cercando di prenderci i nostri già risicati diritti alla salute, anche dopo aver visto quanta resistenza sociale ha suscitato negli anni scorsi.

Questa esperienza ha aperto una nuova via per voi e come può proseguire?
W: Ci ha unito come gruppo di animatori, dandoci una scintilla di speranza che possiamo cambiare qualcosina nel mondo. Siamo felici di aver potuto contribuire così alle proteste e esprimere i timori e sentimenti nostri e di altre persone. Ci rendiamo conto che un’animazione non cambierà la decisione della corte costituzionale, ma ci aiuta a restare presenti nel dibattito.
K: Definitivamente mi ha aperto all’idea di lavorare con altri. Sono molto contenta che possa avere messo in luce l’animazione nel contesto dell’impegno sociale. Amo vedere sempre più film che hanno davvero qualcosa di importante da dire ai festival e su internet.

Personalmente che progetti avete ora?
W: Questo progetto è una protesta di 50 giovani, di cui io e Karina siamo solo una parte. È difficile dire degli altri, ma sono sicura che useremo ancora tutti l’arte come arma di cambiamento.
K: Sto terminando la scuola di cinema. Ho appena scritto la mia tesi magistrale sull’animazione socialmente impegnata, quindi ora devo fare il film di diploma. Sarà sulle corporazioni avide, sul cambiamento climatico e su come il capitalismo uccide il nostro pianeta.

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