Le famiglie con almeno due figli potrebbero anche non pagare le tasse. Lo ha sostenuto il ministro leghista dell’economia Giancarlo Giorgetti a Il Foglio. Il progetto distopico è stato confusamente descritto prima come un’abolizione «di tutte le tasse», poi come un «bonus famiglie» sul «modello del 110%» per le ristrutturazioni, lo stesso che è stato abolito dallo stesso Giorgetti perché è un infarto nei conti pubblici.

Il futuribile provvedimento è stato definito «dirompente» da Giorgetti . Il concetto è la traduzione dall’inglese «disruptive» ed è usato dagli ideologi della Silicon Valley quando parlano di una tecnologia commerciale che «rompe» il mercato tradizionale e ne crea uno nuovo, dunque attira capitali di rischio e riscuote un hype pubblicitario grazie all’investimento emotivo ed economico gratuito degli utenti dei social e dei consumatori. Ora è usato per evidenziare l’impatto di una misura fiscale che dovrebbe garantire l’aumento della natalità perlomeno nei prossimi 20-25 anni. Ciò che si intende «di-rompere» è, in questo caso, lo Stato sociale residuale in Italia. «Abolire le tasse» implicherebbe un effetto «dirompente» sul finanziamento dei servizi pubblici e sociali. Stando ai calcoli che circolavano ieri se l’idea fosse applicata del 2022, cioè all’incirca 400 mila, la trovata di Giorgetti costerebbe 4 miliardi il primo anno. 72 miliardi all’anno dopo 18 anni. Se poi la natalità aumentasse davvero, i costi sarebbero decuplicati. I costi sarebbero invece più bassi, ma ugualmente ingenti, con le altre opzioni messe sul tavolo. Sarebbe questa la linea Visegrad. A quanto pare l’unico paese europeo ad avere studiato una norma simile è l’Ungheria di Viktor Orbán.

Il sottosegretario alle Imprese Massimo Bitonci ha cercato di volare più basso. «Si dovrebbe reintrodurre una detrazione di 10 mila euro l’anno per ogni figlio a carico (ora 950 euro fino ai 21 anni) fino al termine degli studi anche universitari, per tutti i nuclei senza limiti di reddito. Ciò non significa abbandonare l’assegno unico».

Un’altra versione della distopia giorgettiana è stata fornita da un’altra voce fuggita dal sen del governo. Questa è la più realistica per un governo che ha licenziato un Def e ha raschiato il fondo del barile per trovare un modesto spazio fiscale (3,4 miliardi quest’anno, 4,5 miliardi il prossimo). Ci sarebbe l’ipotesi «di arrivare ad un miliardo ed immaginare magari un credito d’imposta per i capienti e un bonus per gli incapienti. In pratica, i conti vanno tenuti sotto controllo.
Sembra avere smontato gli entusiasmi dei leghisti che già ieri pensavano «di vincere per i prossimi 10 anni» il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo: «Ora vedremo nella Nota di aggiornamento – ha ribadito – se riusciremo a trovare altre risorse da mettere al servizio soprattutto di interventi di riforma fiscale, tra cui anche la natalità».

Le visioni giorgettiane sono regressive dal punto di vista fiscale. Il suo taglio delle tasse premierebbe chi guadagna milioni di euro perché, banalmente, paga (ancora) più tasse di chi ne guadagna a malapena 10 mila, per esempio. Senza contare che tutti coloro che non possono permettersi di mandare i figli a studiare nelle scuole «bene», o all’estero, sarebbero rovinati da possibili tagli al finanziamento delle scuole, a cominciare dagli asili nido (solo teoricamente interessati dal Pnrr, tutta da dimostrare è la capacità di realizzare i progetti e spendere i miliardi stanziati). Per non parlare della sanità in uno stato già disastroso. Invece di rimuovere la legislazione sul precariato, e trasformare la logica che governa le istituzioni ridotte a «quasi mercati», si sceglierebbe di mettere in tasca soldi alle famiglie, facendoli spendere per acquistare i servizi dai privati e non dal pubblico ormai ridotto al lumicino. Una simile impostazione non stupirebbe da parte di chi vive idealmente alla destra di Ronald Reagan e annuncia di volere istituire in Italia una «flat tax».