Lavoro

Wärtsilä, revocati i 451 licenziamenti

Wärtsilä, revocati i 451 licenziamentiUna manifestazione degli operai della Wartsila – Aleandro Biagianti

La vittoria di Cgil, Cisl e Uil: l’azienda è stata condannata al pagamento di 50 mila euro per ciascuna delle sigle sindacali

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 24 settembre 2022

Il ricorso di Cgil, Cisl e Uil è stato accolto: la procedura di licenziamento – che interessa 451 dipendenti dello stabilimento Wärtsilä di Bagnoli della Rosandra – è dunque revocata. Wärtsilä Italia SpA è stata anche condanna ta al pagamento di 50mila euro a ciascuna delle sigle sindacali come risarcimento per danno d’immagine, al pagamento delle spese legali e con obbligo di pubblicazione del decreto su alcuni quotidiani nazionali.

Il Giudice del Lavoro Paolo Ancora ha invece dichiarato inammissibile il ricorso “adesivo dipendente” (come mero supporto politico) della Regione Friuli-Venezia Giulia. Questo il sunto di una mattinata che ha fatto naturalmente gioire i rappresentanti sindacali, consapevoli di una vittoria che «fa giurisprudenza e costituisce un deterrente anche per altre multinazionali» ma ha fatto tirare un sospiro di sollievo soprattutto ai lavoratori e a una intera città scesa in piazza recentemente, in massa, al loro fianco.

La procedura aperta da Wartsila Italia il 13 luglio scorso, con la fredda comunicazione ai lavoratori della chiusura del sito produttivo, è apparsa subito atipica, paradossale per molti versi. Contro legge e contratto, nessuna informazione preventiva alle organizzazioni sindacali di una eventuale situazione di crisi dell’azienda che, anzi, Wärtsilä Italia, come si legge nel verbale di un incontro del 8 luglio, dichiarava tanto sana che «il sito di Trieste resta uno stabilimento orientato alla produzione su larga scala nel settore Marine come in quello Energy. Per lo stabilimento di Trieste al momento è previsto un portafoglio ordini per motori marini che copre il secondo semestre fino al 2023». Un colpo di mano della corporation finlandese all’insaputa dei suoi stessi dirigenti in Italia? Per certi versi sembrerebbe di sì, tanto che nello stupore dei primi giorni si sottolineava che a Trieste erano in corso nuove assunzioni.

Debole la difesa di Wärtsilä che ha tentato di dare molta enfasi a supposti «obblighi di riservatezza previsti dalla Market Abuse Regulation» che avrebbero tenuto all’oscuro, fino all’ultimo, anche i vertici italiani poi costretti a comunicare i licenziamenti da un giorno all’altro.

Tutto bene quel che finisce bene? Non proprio: i licenziamenti sono stati bloccati, tutta la procedura seguita deve ritenersi revocata ma questo non garantisce all’industria di Bagnoli della Rosandra un futuro certo. Sicuramente si è preso tempo, e, in più, il clima è cambiato grazie all’emendamento alla legge di bilancio che, modificando le norme contro le delocalizzazioni, prevede procedure raddoppiate come tempi, maggiori garanzie per il ricollocamento dei lavoratori licenziati e costi più alti per le aziende: un po’ più difficile scappare all’estero da un giorno all’altro e lasciare in strada lavoratori e famiglie. Aperto ma quantomeno rinviato anche il fronte con Daewoo che reclama i propulsori comprati da Wärtsilä e bloccati su una banchina del Porto. Sabato scorso, è improvvisamente partita la UHL Fusion che avrebbe dovuto imbarcare i dodici motori ma si è allontanata verso Suez vuota, dopo una attesa in rada di settimane con difronte la repentina proclamazione di uno sciopero da parte dei lavoratori del Porto solidali con i colleghi in lotta della Wärtsilä.

Grande la soddisfazione per questa sentenza è stata espressa anche dai rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali ma traspare la consapevolezza che la partita non è chiusa. Il ministro Orlando ricorda le difficoltà frapposte da Lega e Confindustria alla sua originale proposta di legge contro le delocalizzazioni, il ministro Giorgetti prevede una nuova serenità al tavolo di trattativa, mentre il triestino ministro Patuanelli, nel ricordare come il decreto contro le delocalizzazioni selvagge sia ancora in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, sottolinea: «Ora riprende il percorso di confronto con i sindacati, ma anche se è stata vinta una prima battaglia, le normative nazionali sono ancora troppo deboli contro le delocalizzazioni selvagge. Ora è necessario riconvocare il tavolo con tutte le parti per discutere concretamente del percorso da intraprendere in modo che si tutelino lavoratori e territorio».

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