Il 31 dicembre ormai vicinissimo e poi ci sarebbero stati i cancelli chiusi, il grande piazzale vuoto, tutti a casa. Ma dopo mesi di inattiva agonia ecco riapparire una speranza: per i 320 lavoratori in esubero dello stabilimento Wärtsilä c’è una proroga della cassa integrazione e qualcuno vede addirittura accendersi un lume in fondo al tunnel.

La Wärtsilä comunque abbandona Trieste e finisce la storia lunga e prestigiosa del più grande stabilimento per la costruzione dei motori navali d’Europa. Eppure le grandi navi ci sono e si continuano a costruire, anche proprio qua vicino, ma Fincantieri sembra disponibile soltanto ad assorbire una cinquantina di operai nel cantiere di Monfalcone e niente di più. Parole ne sono state spese tante in questi due anni e sono state tante le speranze poi frustrate: si pensava che Wärtsilä avrebbe cambiato idea – dopo tutto lo stabilimento di Bagnoli era un modello di efficienza – oppure che i motori li avrebbe fatti Mitsubishi rilevando il sito produttivo.

Invece per ora resta solo una mezza proposta di Edison Energia che pensa di realizzare elettrolizzatori per la produzione di idrogeno e costruire microturbine a metanolo mentre Mitsubishi potrebbe entrarci molto marginalmente con l’assemblaggio di apparati ausiliari di turbine a gas. In entrambi i casi, però, il risultato occupazionale sarebbe l’assorbimento di poche decine di lavoratori alla volta per sei/sette anni per arrivare al 2030 con solo la metà degli esuberi attuali rioccupati. Poco poco più di niente.

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Molta solidarietà negli appelli dei vertici regionali e locali mentre il nuovo governo, per ora, ha solo promesso la propria presenza a un tavolo istituzionale non ancora convocato. Certamente solidarietà e vicinanza dalla gente, dai triestini, ben consapevoli che chiudere Wärtsilä vuol dire cancellare l’industria a Trieste e quindi negare un futuro a tutta la città. Perché Trieste non può vivere di solo Porto o del turismo “mordi e fuggi” e tanto meno di quel improbabile e imprecisato “terziario avanzato” auspicato dal sindaco.

Trieste era ed è al fianco dei lavoratori perché sa bene cos’è, cosa rappresenta quello stabilimento e non può non masticare rabbia pensando alla storia centenaria dell’essere stata l’unico porto degli Asburgo, la città dei grandi cantieri navali poi chiusi, delle fabbriche dismesse una dopo l‘altra, fino alla Grandi Motori poi acquisita da Wärtsilä. Wärtsilä che non c’era quest’anno nei giorni della Barcolana, quando migliaia di persone si accalcano lungo le rive per la regata più affollata del mondo: eppure c’era sempre stata, con un enorme motore azzurro davanti a piazza Unità e qualche tecnico a spiegare orgoglioso cosa fosse e come fosse stato costruito.

Dopo blocchi e scioperi e presidi, a settembre 2022 c’era stata una manifestazione davvero grande: tutta la città era scesa in strada ma non erano bastati il vescovo e la politica, tutta, né per far cambiare idea ai finlandesi né per garantire nuovi acquirenti. Quest’anno i lavoratori sono scesi in piazza il 24 dicembre: una fila di tavoli bibite e panettoni nella piazza centrale di Trieste, quella dove affacciano i palazzi di Regione, Comune e Prefettura. Per dire «ci siamo, vogliamo esserci» e, soprattutto, «auguri» per sopravvivere, niente di meno. E ieri le trattative sono riprese: in sede locale, l’incontro tra i sindacati e i vertici italiani di Wärtsilä per prorogare gli ammortizzatori sociali per ulteriori sei mesi in cambio di “aggiustamenti” salariali. Un po’ di tempo ancora per trovare una soluzione, per capire davvero le intenzioni di Edison Energia o di Mitsubishi o di chi magari c’è ma non si è ancora palesato, per cercare qualcuno che ci stia e mettere assieme un piano di reindustrializzazione.

Il comunicato unitario di Cgil, Cisl e Uil territoriali è laconico: «Abbiamo proseguito il confronto in sede aziendale sulle condizioni per la proroga a 6 mesi del contratto di solidarietà. Sono stati fatti passi in avanti su un’ipotesi di intesa a tutela del reddito dei lavoratori. Nei prossimi giorni proseguirà il confronto in ambito istituzionale per definire il tutto». Una manciata di giorni per ratificare, il 31 dicembre è dopodomani.