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Voto “spiato”, testa a testa Bibi-Gantz

Voto “spiato”, testa a testa Bibi-Gantz

Israele Gli exit poll ieri sera davano in leggero vantaggio il leader della lista Blu e Bianco ma il premier uscente resta favorito per la formazione della maggioranza. Diverse liste rischiano di non entrare alla Knesset. Bassa la percentuale dei votanti nei centri arabi a causa anche delle telecamere piazzate segretamente dal partito Likud in 1300 seggi elettorali

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 10 aprile 2019
Michele GiorgioGERUSALEMME

Testa a testa fino all’ultimo voto tra Blu e Bianco, la lista centrista, ma tendente a destra, guidata dall’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, e il Likud del premier uscente e a rischio di una incriminazione per corruzione Benyamin Netanyahu. È questa l’indicazione che hanno dato gli exit poll diffusi ieri sera alle 22 ora locale dalle tre principali reti televisive israeliane. Guardando i numeri, partito di maggioranza relativa dovrebbe risultare oggi Blu e Bianco ma Netanyahu conserva, secondo due dei tre exit poll, le possibilità maggiori di formare la nuova maggioranza di governo. Tutto è legato al superamento della soglia elettorale da parte delle formazjoni più piccole, dell’uno o dell’altro schieramento. In particolare l’incertezza è legata alla lista araba Balad/Raam, data per fuori dalla Knesset da due exit poll. Se riuscisse ad entrare in parlamento, i due schieramenti sarebbero alla pari: 60 seggi l’una, 60 seggi l’altra sui 120 della Knesset.

Se le elezioni del 2015 vengono ricordate anche per l’appello al voto in massa degli israeliani ebrei lanciato da Netanyahu, a seggi aperti, perché «gli (elettori) arabi si stanno recando alle urne a frotte», quelle del 2019 passeranno alle cronache per le telecamere portate di nascosto da attivisti e rappresentanti di lista del Likud all’interno di 1.300 seggi elettorali nei centri abitati arabi. Telecamere che hanno registrato volti, dichiarazioni e movimenti all’insaputa dei presenti. Un atto grave e clamoroso che il primo ministro – impegnato per tutto il giorno ad esortare, sui social, nelle strade, persino andando sulle spiagge, gli israeliani a votare per la destra – ha spiegato come volto a garantire la regolarità delle votazioni in seggi «problematici». Un avvocato del Likud, Koby Matza, ha negato che le telecamere fossero nascoste. Ma è stata la polizia ad accertare l’invisibilità delle telecamere e il loro uso in segreto: si trattava di piccoli apparecchi quasi sempre nascosti nelle camicie degli attivisti del Likud.

La lista araba Hadash-Taal (a maggioranza comunista) ha presentato una denuncia alla Commissione elettorale centrale. «La destra sa che abbiamo il potere di far rovesciare il suo governo, per questo cercano di impedirci di votare», ha detto un suo portavoce. Jamal Zahalka presidente non candidato della lista Balad-Raam ha parlato di «una misura illegale per allontanare gli elettori. Il capo della Commissione elettorale, il giudice Hanan Melcer, però ha reagito senza scomporsi più di tanto e non come i rappresentanti arabi avrebbero voluto. Ha spiegato che gli elettori non sono stati ripresi nell’atto di votare e che in Israele è legale filmare nei seggi ma non in segreto e avvertendo le persone della presenza delle telecamere. Cosa che i rappresentanti di lista del Likud non hanno fatto in alcun modo. Lo stesso Gantz, invece di scatenarsi contro Netanyahu, ha scelto di protestare solo per i video messi in rete dal Likud in cui si parla di un possibile accordo post-elettorale discusso da Ofer Shelah di Blu e Bianco e il laburista Amir Peretz per includere i partiti arabi nel loro futuro governo. Accordo che l’ex capo di stato maggiore ha definito «inesistente».

La notizia della presenza delle telecamere nei seggi ha ulteriormente scoraggiato il voto nei centri abitati arabi e contribuito a quella che ieri sera gli esperti si aspettavano come l’affluenza alle urne dei palestinesi d’Israele (17% degli aventi diritto) più bassa da alcuni decenni a questa parte (i sondaggi prima del voto la davano al 51% contro il 63% del 2015). Insufficienti sono stati gli appelli a partecipare alla consultazione giunti da più parti, dal famoso rapper palestinese Tamer Nafar ad associazioni culturali e politiche. Il candidato della lista Hadash-Taal, Ahmed Tibi, ha messo in guardia sull’assenza totale di rappresentanti palestinesi nella prossima Knesset, a vantaggio dei programmi della destra. E dalle moschee nei villaggi arabi sono stati diffusi appelli continui al voto che però hanno avuto un effetto limitato di fronte all’apatia dovuta a fattori diversi: il senso distacco dalla politica israeliana dovuto anche alla legge che qualifica Israele come Stato-Nazione del popolo ebraico, la delusione per la cancellazione della Lista araba unita (che nel 2015 aveva ottenuto 13 seggi) e la consapevolezza che sono quasi impercettibili il ruolo e il peso dei deputati arabi alla Knesset.
Le telecamere del 2019 sono l’equivalente dell’esortazione fatta da Netanyahu nel 2015 agli israeliani ebrei a votare in massa per compensare il voto arabo «a frotte». Il primo ministro sapeva che l’affluenza alle urne sarebbe stata decisiva per l’esito delle elezioni e ha fatto il possibile per scoraggiare una porzione dell’elettorato che rientra nello schieramento avversario.

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