Visioni

Volti dell’Islam nei vicoli di Napoli

Volti dell’Islam nei vicoli di Napoli

Al cinema Nelle sale dal 2 dicembre il documentario di Enresto Pagano che tra moschee e matrimoni misti nella città del golfo, dà voce ai musulmani e cristiani

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 27 novembre 2015

Dietrofront. L’Uci che dopo gli attentati di Parigi aveva deciso di posticipare all’anno prossimo l’uscita di Napolislam, è tornata sui suoi passi annunciando il film nelle sale il 2 dicembre. Sarebbe stato assai facile cadere nel macchiettisti e perfino nel sacrilego affrontando il tema dei convertiti all’Islam napoletani. Invece il doc compie un percorso in bilico per non farsi prendere dalle indagini sulle superstizioni, su San Gennaro o perfino sugli altarini a Maradona. L’ascolto è attento, rispettoso, pure se non può fare a meno di qualche presa di distanza, sospensione di giudizio.

Si tracciano percorsi di spiritualità in una società per lo più pagana e non è cosa facile. Specchio dei tempi, ci riporta anche a epoche remote poiché da sempre il meridione è stato terra di approdi o di conquista: non furono primi i troiani di Enea, gli arabi con Federico II o gli yankee della seconda guerra mondiale. In questo caso si può vedere come la filosofia napoletana accolga tutte le culture con paziente fiducia nella provvidenza divina, qualunque essa sia. Basta che ci sia un paradiso alla fine.

Agostino diventa Yasmin, Giovanni Abdel, Claudia Zeymab. C’è la fidanzata del ragazzo tunisino che sta compiendo un suo percorso spirituale, lo spazzino che andò alla Mecca in pellegrinaggio con la moglie musulmana quando la figlia si ammalò gravemente, il signore di una certa età che riempie il quaderno di caratteri arabi per poter recitare le preghiere in lingua originale, la ragazza velata che cerca un lavoro di commessa senza trovarlo perché «spaventa i clienti» con quel velo, il tassista che discetta di materialismo e astrazione («se facciamo quello che è giusto, quello è dio, se diciamo la verità quello è dio»), il coatto che interpreta il corano come un’arma più potente del kalashnikov, le moschee en plein air. Poi arrivano anche i giorni del massacro di Charlie Hebdo a scuotere le coscienze.

Quello che colpisce di più non è tanto il fervore dei neoconvertiti perché in una terra dove impera la disperazione e la disoccupazione almeno si può contare su un libro con precise istruzioni di vita, colpisce la rassegnazione dei congiunti, di una moglie un po’ avanti con gli anni in particolare che accetta tutto («fa’ quello che vuò») e sostiene che in quanto a lei, non ha avuto nessuna chiamata divina e che sta bene così. La madonna appesa sul letto e il corano sul tavolo.

La musica dei rapper musulmani anch’essi di nuova generazione (bella musica e belle parole) riempie vicoli e piazze, impasta quelle esperienze di vita a dispetto di certi fondamentalismi che vietano suoni e canti: «nella musica sento la presenza di dio» dice uno dei musicisti. E in più si dà la ricetta del casatiello senza insaccati di maiale. Tutti insieme infine ad alzare gli occhi versi i fastosi fuochi d’artificio in onore della festa della Madonna bruna.

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