Voci per Rocco Scotellaro
Anniversario Cento anni fa nasceva a Tricarico il poeta che fu sindaco della sua città e protagonista delle rivendicazioni contadine nel dopoguerra. La sua attualità nelle parole degli esperti che hanno studiato il suo lavoro e la sua opera letteraria
Anniversario Cento anni fa nasceva a Tricarico il poeta che fu sindaco della sua città e protagonista delle rivendicazioni contadine nel dopoguerra. La sua attualità nelle parole degli esperti che hanno studiato il suo lavoro e la sua opera letteraria
La lotta per la costruzione dell’ospedale di Tricarico
di Pancrazio Toscano, saggista ed ex sindaco di Tricarico
Quando si vuole onorare una persona bisogna pensare alla cosa più rilevante che ha fatto. La lotta vincente del sindaco Rocco Scotellaro per la costruzione dell’ospedale civile di Tricarico con il coinvolgimento diretto delle persone ai più vari livelli fu una grande lezione di come si trasforma un atto amministrativo in politica partecipata della gente. E se oggi fa male il cuore a vedere la decadenza di quel nosocomio, su cui si sta costruendo un tentativo di lotta per rilanciarlo, è anche per la visione della miopia assoluta in cui è precipitata la lotta e il pensiero politico oggi proprio in rapporto a quella ricchezza di allora. La visione poi del valore pubblico della salute dei cittadini cozza con la miseria che ne è seguita con lo smantellamento di tanta parte dei presidi pubblici per favorire la pochezza e la speculazione del privato. Ho sempre pensato che le piccole situazioni territoriali, assieme ai vari svantaggi, hanno la funzione di poter essere un laboratorio per capire i fatti in generale e per poter contare. Invece oggi, proprio in una questione decisiva come la salute, c’è, al di là delle chiacchiere, un atteggiamento punitivo nei confronti della vicenda antica, e grande lotta vincente va ribadito, di Rocco Scotellaro. Dovremmo tutti conservare la memoria di quella vicenda (e non solo: va rilanciata quella lotta pubblica per la salute) anche per la metafora che porta con sé: un lascito, in un’epoca come la nostra che richiede a gran voce una partecipazione, di come si fa politica nel senso vero del termine e cioè come coinvolgimento delle popolazioni.
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La riscoperta della civiltà contadina e la nuova ruralità
di Paolo Carbone, dirigente sindacale CIA (Confederazione Agricoltori Italiani)
Gli eventi catastrofici degli ultimi anni – pandemia, cambiamenti climatici (siccità), guerra Russia-Ucraina – hanno messo in evidenza l’importanza che riveste l’agricoltura per il sostentamento e la sopravvivenza dell’intera società. Nelle aree interne del Mezzogiorno, e non solo, la coltivazione e l’allevamento zootecnico estensivi e quindi sostenibili possono decisamente essere le attività in grado di far risorgere e mantenere in vita intere aree rurali altrimenti in via di spopolamento e desertificazione.
Occorrono subito politiche per una nuova ruralità, soprattutto un’azione mirata ed efficace sul piano culturale e sociale. Se è vero che c’è un certo ritorno da parte dei giovani al lavoro nelle campagne, è altresì vero che sono esperienze, ancorché positive, ancora troppo rare. Diventa quindi indispensabile agire, in un’epoca in cui prevale un estremo individualismo nemico della cooperazione, affinché si sviluppi tra i giovani una coscienza di socialità e di comunità.
Rocco Scotellaro considerò la civiltà contadina un valore imprescindibile per lo sviluppo, ma fu circondato spesso da una generale incomprensione e indifferenza. Oggi la conoscenza ma anche un bisogno nascosto di nuovo senso di vita, può aprire la strada a una nuova dimensione territoriale dello sviluppo. E così la riscoperta dei valori della civiltà contadina può aprire la strada alla realizzazione di quella nuova ruralità di cui si avverte un impellente bisogno per migliorare la nostra qualità della vita.
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L’alba è nuova: Scotellaro nel futuro
di Amerigo Restucci, Scrittore e rettore di Architettura all’Università di Venezia, autore di un volume sui Sassi di Matera e di una guida storica alla Basilicata, originario di Tricarico
Per rispondere alla domanda, per me affermativa, se ancora Rocco Scotellaro possa dire qualcosa al mondo odierno, si possono prendere i versi trascritti sulla tomba del poeta. «Ma nei sentieri non si torna indietro / altre ali fuggiranno / dalle paglie della cova, / perché lungo il perire dei tempi / l’alba è nuova, è nuova». Versi molto chiari e premonitori. Un messaggio antico, culturale e politico, per il mondo di oggi.
Questo giovane di allora ha avuto la capacità di essere riconoscibile, sia come intellettuale che come politico, perché era vicino al popolo. Anzi, Scotellaro era dentro il popolo. Certo, il suo impegno e la sua poesia era rivolta anche al suo territorio, a un impegno per la fuoriuscita della sua regione dalla sudditanza e quindi al recupero dell’identità dei luoghi, dei borghi, dei paesi. Può oggi davvero preso in mano come simbolo del recupero di protagonismo e rinascita. E anche il Centro a lui dedicato, lasciato solo dalle istituzioni e dalla Regione, può diventare un luogo di rilancio, in un territorio molto interessante da più punti di vista, di tante tematiche: ruralità e campagne, poesia e impegno, eccetera. Insomma di ciò che non è stato fatto in passato.
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Il ritorno alla terra e la consonanza con i giovani di oggi
Franco Vitelli, studioso e curatore delle opere di Rocco Scotellaro, docente all’università di Bari
La domanda, nel mentre si avvicina il centenario, se un politico e poeta come fu Rocco Scotellaro possa ancora parlare ai giovani d’oggi, al mondo odierno e alla «sua» Lucania, è assai impegnativa, richiederebbe da parte mia uno sforzo ciclopico per sviscerare in poche righe grovigli storici di ieri e di oggi. Proverò più semplicemente a fare una breve riflessione rimandando il resto ad altre occasioni.
Sull’opportunità di promuovere iniziative in una ricorrenza così «tonda» non mi pare si possano esprimere dubbi, l’importante è puntare su cose solide, scientificamente collaudate e che durino nel tempo e nella coscienza dei cittadini. Ciò specialmente quando sono in gioco finanziamenti pubblici. Anche Leopardi nello Zibaldone ricordava l’importanza delle feste anniversarie perché alimentano la «bella illusione» che fa rivivere cose che in realtà sono morte e ciò rappresenta una consolazione che mette in scacco il passare del tempo, una rivincita sulle forze distruttive. Bella provocazione quella di Leopardi, un invito al senso della realtà.
È ancora vivo o è morto Rocco Scotellaro? Può dirci ancora qualcosa? Io credo che, nonostante i tentativi subdoli e persino palesi di annientare l’eredità, il poeta della libertà contadina può dare risposte ad alcuni problemi del nostro tempo, o almeno favorirne la comprensione, buttando tranquillamente alle ortiche lo stereotipo che lo vuole uomo di un passato da dimenticare nel nome di una fede inflessibile nelle magnifiche sorti e progressive. Invece, Scotellaro può aiutarci a incrementare quel ritorno alla terra di cui si scoprono segni interessanti che investono anche e forse soprattutto i giovani. Un ritorno all’economia primaria che comporta un’accresciuta sensibilità ecologica in una visione pacificata con la natura in cui non è esente una critica al prevalere del capitale finanziario. Si è creato tanto spazio per il ritorno di valori comunitari in un mondo che alza steccati sempre più alti tra uomo e uomo.
La consonanza col mondo dei giovani di oggi nasce dal fatto che Scotellaro nel suo attivo operare è stato giovane ed è morto giovane a soli trent’anni. Capiva tutto il tormento delle scelte difficili, la necessità di non distrarsi al bivio, allontanando il canto delle sirene (le «strade odorose»), che l’avrebbero portato al traviamento. La sua esperienza politica non può genericamente classificarsi come il frutto di un intellettuale impegnato; c’è una esemplarità che la contraddistingue e la dovrebbe rendere attuale. Egli era uno degli altri, viveva il disagio comune a tanti nel pericoloso tornante del secondo dopoguerra; era un disoccupato che doveva trovare lavoro agli altri. Non poteva sottrarsi per vincolo di solidarietà di classe e intanto pativa in privato la sofferenza; la sua sensibilità di uomo, di amministratore, di politico formatosi alla scuola di un socialismo umanitario faceva prevalere l’interesse pubblico e sociale. Forse, devo rettificare; tutto ciò lo rende profondamente inattuale!
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