Dal silenzio alla franca irritazione: è il capo dello Stato che, stanco di sentirsi sospingere dai media di destra, Libero in primissima fila, verso la grazia per Berlusconi si affida alla consumata formula «voci che filtrano dal Quirinale» per stoppare le chiacchiere. «Queste speculazioni su provvedimenti di competenza del capo dello Stato in un futuro indeterminato sono un segno di analfabetismo e sguaiatezza istituzionale. Danno il senso di una assoluta irresponsabilità che può soltanto avvelenare il clima della vita pubblica». Frasi al vetriolo, che però non escludono affatto che il sogno di Libero si tramuti un giorno in graziosa realtà.

Dall’ isteria alla calma olimpica: è il Silvio Berlusconi che si dichiara tranquillissimo su tutti i fronti. Crisi di governo? «Ci mancherebbe altro, nella situazione in cui si trova il paese». Paura della Cassazione? «Credo non ci possa essere che assoluzione piena». E se, dio non voglia, la rosea previsione fosse errata? «Non sono solito esercitare la mente su fatti che ritengo non probabili». Un capolavoro di aplomb, che però non chiude la porta a nessuna ipotesi.

Dall’ineleggibilità alla incompatibilità: è la proposta contenuta in un ddl presentato da 25 senatori piddini, primi firmatari Massimo Mucchetti e il capogruppo Zanda, per modificare la legge del 1957 in base alla quale verrà presto discusso, prima dalla Giunta per l’immunità e poi dall’aula del Senato, il caso Berlusconi.

Il ddl, annunciato già da maggio e presentato il 20 giugno, prevede che, nelle stesse situazioni previste dalla legge attuale, cioè la proprieta di una società che usufruisca di concessioni pubbliche con aggiunta anche l’influenza dominante sulla medesima società, ,venga sancita l’incompatibilità con l’incarico parlamentare. Il soggetto in questione avrebbe un anno di tempo per decidere se vendere la sua impresa, ma non a parenti fino al quarto grado, o rinunciare al seggio. Per dirla in italiano, trattasi di legge sul conflitto di interessi senza se e senza ma.

Tornato agli onori della cronaca come se fosse novità assoluta il ddl si ritrova seduta stante al centro di un nutrito fuoco incrociato. Lo bollano di servizievole aiuto a Berlusconi il M5S e una parte dello stesso Pd, intepretandola solo come alibi per non votare l’ineleggibilità. La polemica è subito tanto incandescente da rendere una volta di più ragione della lacerazione che travaglia ogni santo giorno i democratici. Subodorano invece l’ «esproprio proletario» (Malan) e di conseguenza l’agguato al governo i pidiellini.

Mucchetti l’estensore, prima di tutto sbalordisce per l’inopinato clamore («Segno che i media italiani non leggono nemmeno quel che loro stessi scrivono: di questo ddl si parla da maggio»). Poi entra nel dettaglio: «È una legge seria, non ispirata da quel tipo di estremismo che non porta a nulla. È una legge ordinaria, ma che tocca argomenti costituzionali, dunque delicata: non la si può fare in tre giorni. Non so se richieda due anni, come dice Zanda, ma direi che se il M5S, invece di fare propaganda, la votasse, la si potrebbe varare in tempi brevi».

Chi ha ragione e chi torto? Tutti e nessuno. Lo strumento prefigurato dal ddl è senza dubbio più efficace e molto meno discutibile dell’ineleggibilità.
Però è anche vero che il Pd, al di là delle intenzione dell’estensore, non mancherà di sbandierare la nuova legge come alibi quando si tratterà di bocciare l’ineleggibilità. Il voto della giunta non è affatto certo: la piddina Pezzopane, che della giunta fa parte, ieri ha rimbeccato di brutto il capo dei deputati Speranza che aveva annunciato il voto piddino a favore dell’eleggibilità, ricordandogli che la decisione spetta alla giunta e invitandolo, col dovuto garbo, a farsi gli affari propri. In giunta, il suo non è l’unico voto piddino in odore di dissenso. In compenso l’esito dell’aula a favore di Berlusconi è certo, e qualcosa bisognerà pur dire alla base infuriata. Cosa di meglio di un ddl addirittura sul conflitto di interessi? Tanto più che i tempi necessariamente lunghetti permetterebbero di portarlo avanti senza mettere in forse la sopravvivenza del governo.

D’altra parte, il ddl costituisce senza dubbio una minaccia pesantissima per Silvio Berlusconi. Pertanto la sua sola esistenza, sia pur di non immediata approvazione, è di per sé uno strumento di pressione per nulla trascurabile. Dunque anche la furia dei duri del Pdl qualche giustificazione ce l’ha. Ma anche questa è solo una tensione tra le tante che si stanno accumulando e che prima o poi, in qualche modo, esploderanno.