«Non ho bisogno di radici. L’unica cosa di cui necessito è una memoria»: il messaggio, veicolato attraverso il website di uno degli artisti più interessanti nello scenario contemporaneo, è chiaro. Mounir Fatmi (Tangeri 1970, vive e lavora tra Parigi, Lille, Palma de Mallorca e Tangeri) procede per parallelismi creando ambigui percorsi in cui il linguaggio visuale, sonoro e verbale definiscono una nuova armonia dissonante in cui entra in gioco, offrendo nuovi punti di vista, l’elemento d’inciampo. Nucleo centrale della mostra Transition State (a cura di Silvia Cirelli), con cui s’inaugura anche la nuova sede della galleria Officine dell’Immagine di Milano...