Viva la sanità privata, parola della giunta Chiamparino
Salute Si rinnovano le cure presso i privati senza controllo del medico di base: un via libera a privatizzare i guadagni e socializzare le perdite. Un inedito nella storia sanitaria regionale
Salute Si rinnovano le cure presso i privati senza controllo del medico di base: un via libera a privatizzare i guadagni e socializzare le perdite. Un inedito nella storia sanitaria regionale
Nell’ultimo quarto di secolo, il Piemonte è stato governato dal centrodestra per quattordici anni: prima dal forzista Enzo Ghigo (1995-2005), poi dal leghista Roberto Cota (2010-2014).
Eppure, mai agli operatori della sanità privata era stato fatto un regalo come quello appena elargito loro dalla giunta di centrosinistra guidata da Sergio Chiamparino.
Il riferimento è alla recente delibera con cui l’assessore Pd alla Sanità ha consentito ai medici specialisti delle strutture private accreditate di prescrivere visite, esami e farmaci ai pazienti del servizio sanitario piemontese.
La misura rappresenta un inedito nella storia regionale, e anche a livello nazionale incontra pochissimi precedenti.
Il motivo è evidente: consentire il rinnovo delle cure presso i privati, senza che sia necessario un nuovo passaggio innanzi al medico di base, depotenzia la capacità di controllo delle autorità regionali contro eventuali scelte inappropriate poste in essere dai privati stessi.
Se a ciò si aggiunge che il meccanismo dei rimborsi si basa sulle singole prestazioni erogate – e non sulla presa in carico complessiva del paziente – è facile prevedere che le autoprescrizioni private si concentreranno sugli interventi maggiormente remunerativi, riservando al pubblico quelli economicamente meno interessanti.
Siamo oltre alla privatizzazione della sanità: lo schema è quello ben noto – e tanto caro all’imprenditoria italiana – della privatizzazione dei guadagni e della socializzazione delle perdite. L’ulteriore delegittimazione del servizio pubblico, gravato dagli interventi più complessi e costosi, è dietro l’angolo.
Il provvedimento sull’autoprescrizione dei privati si inserisce nel quadro di un più ampio atteggiamento svalutativo del diritto fondamentale alla salute assunto dall’amministrazione regionale. Facendosi scudo di difficoltà finanziarie scaricate sul bilancio sanitario, ma non originate da squilibri dello stesso (come accertato dalla Corte dei conti), la giunta Chiamparino ha posto in essere una serie di misure restrittive – blocco delle assunzioni, contrazione della rete ospedaliera, riduzione dei posti letto negli ospedali e nelle residenze sanitarie assistenziali – che ha segnato il rattrappimento del servizio complessivamente erogato.
Lo evidenzia, in particolare, l’abnorme lista d’attesa che ritarda ad libitum la presa in carico dei malati cronici non autosufficienti.
Apice di tale atteggiamento svalutativo è la nota con cui l’avvocatura della giunta, interrogata lo scorso maggio sui doveri gravanti sulle strutture sanitarie pubbliche alla luce del quadro costituzionale, testualmente risponde che il «diritto soggettivo alla cura non è illimitato, ma corrisponde a quanto l’apparato normativo vigente nel tempo del bisogno prevede che sia obbligatoriamente prestato», precisando che per «apparato normativo» deve intendersi la disciplina «legislativa e amministrativa» in vigore.
Detto altrimenti, la Costituzione non avrebbe, in sé, alcuna forza normativa, essendo il suo contenuto esclusivamente definibile sulla base della normativa di attuazione: una tesi – risalente agli anni Cinquanta del Novecento – respinta dalla Corte costituzionale fin dalla sua prima sentenza perché, sovvertendo il sistema delle fonti del diritto, avrebbe prodotto la prevalenza delle leggi, e addirittura degli atti amministrativi, sulla Costituzione.
Come possa il Pd piemontese pensare di riuscire a essere davvero competitivo nelle elezioni regionali del prossimo anno promuovendo politiche così marcatamente antisociali è un mistero.
L’essenziale delle politiche regionali si concentra in ambito sanitario ed è sulla salute che una forza politica regionale rivolta, anche timidamente, a sinistra dovrebbe concentrarsi.
Ancora più misteriosa, in quest’ottica, è la posizione di LeU, che ha recentemente costituito il proprio gruppo consiliare nell’ambito della maggioranza che sostiene Chiamparino, supinamente accettando politiche che nemmeno la destra aveva osato realizzare.
Che anche a livello regionale l’esclusiva preoccupazione dei dirigenti della sinistra di un tempo sia oramai il proprio avvenire personale?
Lettera del 12 luglio 2018
Caro Manifesto,
la scorsa settimana è nato il gruppo regionale piemontese di Liberi e Uguali, sotto l’insegna di alcune battaglie cominciate già da tempo dai tre consiglieri (Silvana Accossato, Valter Ottria e il sottoscritto Marco Grimaldi, capogruppo): ieri (11 luglio) è iniziata la discussione nella commissione legislativa di una nostra proposta di legge al Parlamento sull’estensione dei diritti per i lavoratori e le lavoratrici delle piattaforme digitali, che assumono su di sé tutto il rischio della loro attività e spesso subiscono licenziamenti o comportamenti discriminatori. Da anni – da quando i fattorini di Foodora hanno fatto sentire la loro voce per la prima volta a Torino – siamo a fianco delle loro numerose lotte. Non essendoci norme urgenti per i “rider” nel “decreto dignità”, crediamo sia ancora più importante che questo testo, che ribadisce fra le altre cose la natura subordinata del rapporto di lavoro e il divieto del pagamento a cottimo, sia al più presto discusso in Parlamento.
Mentre a Torino continuano a impazzare le discussioni da bar sulle Olimpiadi e sull’arrivo di CR7 alla Juventus, Regione e Comune di Torino hanno accolto la nostra richiesta di un consiglio congiunto straordinario sul futuro dell’automotive nella nostra regione e in Italia.
Ma ancora di più ci rende orgogliosi essere nati nel giorno in cui il Consiglio ha approvato la nostra delibera sulla piena applicazione della legge 194 e sul ruolo dei consultori pubblici. Con la delibera garantiremo che in ogni territorio l’obiezione non superi la soglia del 50%, obbligando i direttori ad attuare il turn over, avviando una chiamata interna per reclutare medici o addirittura, se ciò non fosse ancora sufficiente, di procedere a chiamate pubbliche e assunzioni rivolte a medici che praticano IVG. Siamo inoltre felici di avere ricevuto tanta attenzione per avere reintrodotto il principio della gratuità dei contraccettivi, ottenendo per tutti i minori di 26 anni e per le donne meno abbienti l’accesso libero ai farmaci forniti dai consultori.
Vorrei ora rispondere all’articolo odierno (12 luglio) di Francesco Pallante, che chiama in causa la sanità Piemontese e, in ultimo, proprio il gruppo LeU che – secondo lui – non si occuperebbe della difesa della sanità pubblica.
Pallante, non citando nessuna delle nostre battaglie – da quella contro l’omologazione dei privati profit e no profit, a quella contro gli abusi delle “SpA della medicina” nella sovrafatturazione e nello sfruttamento della mobilità passiva, a quella per lo sblocco del turn over, la riduzione delle liste d’attesa e la stabilizzazione dei precari, la difesa della giusta retribuzione negli appalti della sanità – si riferisce a una recente delibera di Giunta, neanche ancora discussa in Consiglio regionale.
Questo atto consentirebbe ai medici specialisti di prescrivere visite, esami e farmaci ai pazienti del servizio sanitario piemontese.
Secondo l’autore dell’articolo ciò consentirebbe “il rinnovo delle cure presso i privati, senza che sia necessario un nuovo passaggio innanzi al medico di base”, depotenziando la capacità di controllo delle autorità regionali.
Di certo questa scelta, pur essendo già in essere il blocco del budget per i privati, potrebbe produrre degli abusi. Ciò detto, chi conosce i meccanismi della sanità e li vive ogni giorno sa bene che fino a ieri, se lo specialista ospedaliero di una struttura pubblica o privata accreditata raccomandava un esame o un accertamento diagnostico, il paziente era costretto a recarsi col referto dal medico di base, che difficilmente si sarebbe assunto la responsabilità di negare la prescrizione.
L’eliminazione di questo passaggio è troppo rischiosa? Di sicuro riduce il carico di lavoro dei medici di medicina generale, permettendo loro di concentrarsi di più sulla prevenzione e la cura dei pazienti che seguono; inoltre implica che ogni medico si assuma la responsabilità di ciò che prescrive.
Con stima e rispetto nei confronti del Professor Pallante, con cui siamo spesso d’accordo, su tutto si può discutere e dissentire, ma occorre essere reciprocamente a conoscenza del lavoro che quotidianamente si fa. Certamente mi riconosco nella battaglia che insieme a tanti (noi compresi) l’autore ha portato avanti in difesa della Costituzione, credo che serva a sinistra attenzione e generosità reciproca, pur senza negare le legittime differenze.
Marco Grimaldi – Capogruppo di LeU al Consiglio Regionale del Piemonte
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