«Eselkopf!» ‘Asino!’. Con trivialità muscolare, nel 1917 l’accademico grecista Ettore Romagnoli bollava le «menome deiezioni» della scuola filologica tedesca condensando il proprio livore in un volume dal titolo significativo: Minerva e lo scimmione. La copertina era un capolavoro dell’illustratore Enrico Sacchetti: un repellente scimmione simbolo della Germania che «lancia i suoi viscidi tentacoli» su una venusta Minerva, la Grecia. I filologi tedeschi, tra soffocanti apparati critico-eruditi e iniziatici stemmata codicum – questa la tesi di Romagnoli – stavano irrimediabilmente precludendo la fruizione dei nostri classici, sopprimendo la lussureggiante vena esegetica dell’italico genio: invece, citando il compianto Enzo Degani, la piena...