Cultura

Vite riconquistate, oltre il neoliberismo

Vite riconquistate, oltre il neoliberismoSylvia Palacios Whitman, «Passing Through», performance alla Sonnabend Gallery, New York 1977

Scaffale Il saggio di Elettra Stimilli edito da Neri Pozza. «Filosofia dei mezzi. Per una nuova politica dei corpi»: la sfida del nuovo femminismo. A partire dal corpo, espressione di un «carattere sociale della ragione pratica collettiva» si ricostruisce l’intera filosofia della prassi da Aristotele in poi. Impresa ambiziosa che impegna il lettore a considerare il momento politico in cui viviamo in un’altra prospettiva. Partire dai corpi, osserva l'autrice, significa affermare l’esistenza dei mezzi comuni a partire dalle relazioni che compongono i soggetti

Pubblicato circa un anno faEdizione del 20 luglio 2023

Elettra Stimilli nel suo ultimo libro Filosofia dei mezzi. Per una nuova politica dei corpi (Neri Pozza, pp. 228, 18 euro) affronta il problema che sembra avere cancellato dal nostro orizzonte la possibilità di pensare, e dunque di realizzare, una politica.

DA QUANDO i capitalisti hanno vinto la Guerra fredda, e dichiarato la «fine della storia» (o la «fine del mondo», si dice oggi), abbiamo perso la finalità generale della storia, quella che dà il senso all’esistenza: il sole dell’avvenire.

Posizione in realtà devastante perché svaluta ogni ente e la vita stessa che viviamo. La rosa è una rosa solo perché si riferisce a una finalità che trascende il suo essere materiale di rosa. In sé, la rosa non conta nulla. Conta la soggettività che gli dà senso e valore. Ma, appunto, questa soggettività è in macerie. Accartocciata su se stessa, schiava dell’ultimo giochino sul cellulare. Un florilegio di queste posizioni reazionarie lo si trova per esempio nelle geremiadi contro i giovani e gli studenti da parte di psichiatri rabdomanti che arringano contro il «libertinismo» di massa.

POLITICAMENTE questo ritornello è raccapricciante. Il «sole dell’avvenire» è identificato con lo spettro del socialismo reale, quel sedicente regime del capitalismo di stato che, una volta imploso, sembra avere portato nella meritata tomba le spoglie di una rivoluzione opposta a quella «contro-rivoluzionaria» del capitalismo. È un’idea tossica: l’unica alternativa all’incubo che viviamo è uno peggiore. L’esito è la liquidazione nichilista non solo di un’idea di rivoluzione, ma proprio di azione. Il libro di Stimilli è un granello di sabbia gettato nell’ingranaggio del vittimismo e della paranoia.

Quando l’autrice parla di una «filosofia dei mezzi» fa riferimento a uno dei temi interessanti del pensiero politico contemporaneo che riflette sui folgoranti frammenti di Walter Benjamin. Le sue intuizioni sono rintracciabili in un libro di Giorgio Agamben del 1996 intitolato Mezzi senza fine (Bollati Boringhieri). A pochi anni dalla fine della «Guerra fredda», nella fase ascendente della parabola arrogante della globalizzazione neoliberale, Agamben delineò i lineamenti di una filosofia dei mezzi puri, cioè liberati innanzitutto da una teleologia storica e, in secondo luogo, da una finalità che assoggetta la vita al compimento di uno scopo che in realtà lo schiaccia e, in più, è irraggiungibile. Il rinvio a una simile finalità fantasmatica è la norma in una società del «realismo capitalista», dello «spettacolo integrato», della «catastrofe» permanente in cui viviamo.

VICEVERSA, si intende riscoprire l’idea di una politica del «mezzo come tale», la pratica di quella che Agamben chiamava «l’essere-in-un-medio dell’uomo» che «apre la dimensione etica» e permette di concepire un’altra «filosofia dei mezzi». Idea marginalizzata nella storia della filosofia. Kant la confinò nella critica del giudizio, lo stesso Benjamin la definì una «teleologia senza scopo» senza però trovare una definitiva elaborazione. La politica intesa come «medialità pura e senza fine» è stata ricondotta da Agamben alla sfera del pensiero dove si esprimerebbe la vocazione della «potenza del pensiero».

Stimilli, invece, diverge da questo esito e introduce il tema del «corpo», una nozione ricorrente oggi nelle scienze umane che andrebbe tuttavia discussa e liberata dal suo fardello fenomenologico. A partire dal corpo, espressione di un «carattere sociale della ragione pratica collettiva», l’autrice ricostruisce l’intera filosofia della prassi da Aristotele in poi. Impresa ambiziosa che impegna il lettore a considerare il momento politico in cui viviamo in un’altra prospettiva. Partire dai corpi, osserva Stimilli, significa affermare l’esistenza dei mezzi comuni a partire dalle relazioni che compongono i soggetti.

Tutt’altra prospettiva emerge invece da quel progetto di classe chiamato «neoliberalismo» oggi dominante che ragiona a partire da una «scienza della prassi» o «prasseologia» (nella versione di Von Mises, Hayek la definiva «catallassi»). La «filosofia dei mezzi» denuncia il trucco di una «scienza» che nega l’esistenza di una finalità alla vita ma in realtà l’assoggetta alla riproduzione del mercato che si presenta come una finalità naturale o indiscusso fondamento ontologico.

STIMILLI ROVESCIA la pretesa neoliberale e invoca la pratica di un altro genere della forza attraverso l’uso di un’anti-violenza contro i rapporti di dominio patriarcale, di sfruttamento della natura, di oppressione sessuale e di alienazione capitalistica. Tale uso è stato annunciato dai movimenti femministi transnazionali e intersezionali che danno «forza politica ai corpi come mezzi imprescindibili di soggetti imprevisti». «Un enorme processo è in atto, dilagante», conclude Stimilli. Altrettanto è la reazione devastante, si direbbe. Politica è stare nel mezzo e praticare i mezzi che ci accomunano.

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