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Vitalizi, taglia e raddoppia. E allarme retroattività

Vitalizi, taglia e raddoppia. E allarme retroattivitàL'aula di Montecitorio – LaPresse

Ex parlamentari Gli aumenti non scatteranno grazie alla «clausola di salvaguardia» messa da Fico

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 7 luglio 2018

Che al Senato la crociata contro i vitalizi maturati prima del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo nel 2012 sia destinata ad avere vita molto meno facile che alla Camera era noto anche prima che giovedì il consiglio di presidenza di palazzo Madama decidesse di allungare i tempi chiedendo di «approfondire le modalità del ricalcolo» con l’audizione di Tito Boeri e la richiesta di un parere da parte del Consiglio di Stato. Dal momento che il provvedimento non passa per il voto dell’aula ma solo per quello degli uffici di presidenza, la disposizione dei presidenti gioca un ruolo fondamentale e se alla Camera Fico preme l’acceleratore a tavoletta, ignorando gli emendamenti totalmente sostitutivi di Fi e FdI e soprattutto fingendo di ignorare che il ricalcolo retroattivo è a forte rischio di incostituzionalità, al Senato Casellati intende muoversi in maniera opposta. Alla fine il rischio che il taglio dei vitalizi sia calcolato in modo diverso nei due rami del Parlamento è concreto. Basterebbe questo a chiarire fino a che punto la riforma sbandierata dai 5S come evento storico è in realtà una mossa tanto pasticciata quanto di valore principalmente propagandistico.

Oltretutto, senza una norma formalmente eccepibile per cui il ricalcolo è valido solo se non avvantaggia gli extraparlamentari, proprio quelli che vantano le indennità più cospicue finirebbero per essere premiati, dal momento che il sistema contributivo va a tutto favore dei parlamentari che hanno alle spalle molte legislature e molti incarichi nel corso delle stesse. Bertinotti, per esempio, dovrebbe sommare agli attuali 8.455 euro un ulteriore assegno di 1.356 euro. Falomi, che guida la protesta degli ex parlamentari destinata a trasformarsi in class action, potrebbe chiedere 104 euro in più rispetto agli attuali 8.455. A Ciriaco De Mita andrebbe meglio: gli spetterebbero 2.190 euro oltre agli attuali 10.631. Violante e Visco, che incassano assegni rispettivamente di 10.507 e 10.258 euro se li vedrebbero rimpinguati entrambi di 3.319 euro. Per l’ex Pri Giorgio Bogi, classe 1929, sarebbe un terno al lotto: i suoi 10.631 euro raddoppierebbero e oltre.

Gli aumenti non scatteranno grazie alla «clausola di salvaguardia» messa da Fico. Sempre che qualcuno non decida di ricorrere e che non trovi, come è possibile, un tribunale pronto a dargli ragione. In ogni caso i vitalizi in questione, se non aumenteranno, neppure diminuiranno. In compenso ci sono anche quelli che invece dal passaggio al contributivo verranno esageratamente penalizzati, se non fosse per la scelta di fissare comunque un minimo intorno ai 1.400 euro. Pesanti i tagli per Massimo Cacciari, da 4.725 a 1.551 euro, per il radicale Roberto Cicciomessere, da 8.641 a 2.512, per Marco Boato, da 10.009 a 4.426, e per Nichi Vendola, che da 8.082 euro passa a 4.969. Tra i più colpiti anche l’ex segretario del Ppi Castagnetti che dagli attuali 8.935 euro si vedrà l’assegno ridotto a 3.976, circa il 55% in meno.

Ma il rischio peggiore non è quello di una riforma che colpisce un po’ a casaccio, che potrebbe riservare trattamenti diversi agli ex deputati e agli ex senatori o che potrebbe finire, dopo tanto rumore, affossata dalla Corte costituzionale con risultati devastanti in termini di fiducia nelle istituzioni da parte di un’opinione pubblica drogata. Il rischio vero è che, una volta sdoganata, la retroattività si allarghi a dismisura. Di Maio con Boeri che propone il ricalcolo dal 2014, e con Pasquale Tridico, consulente massimo del leader 5 Stelle in materia, sono pronti ad applicare il ricalcolo anche alle cosiddette «pensioni d’oro». Tutto sta a capire cosa s’intenda con questa formula. Dovevano essere quelle superiori ai 5mila euro netti, ma proprio ieri il pallottoliere ha dimostrato che servirebbe a pochissimo. Per mettere in cassa almeno un miliardo bisogna partire dai 4mila. Ma è poca roba e in fondo l’idea di base di Boeri era considerare «pensioni d’oro» tutte quelle superiori ai 2mila euro, che tutt’al più sono di bronzo. Ma una volta preso l’abbrivio nessuno può dire davvero dove si fermerà.

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