Cinquecento chilometri quadrati di pianura, bianco su verde, come brina sulle foglie, come sudore sulle fronti. La piana del Sele, tra Eboli e Capaccio, è una distesa quasi onirica, in cui il color erba delle coltivazioni a stento s’intravede nel mare dei 5000 ettari di serre che luccicano al sole. Uno spazio ripetitivo da annullare il tempo, attraversato come un rivolo da sporadiche biciclette e persone, è il caso di dire che il numero non fa la forza. Gli immigrati abitano questi campi, li vivono, li lavorano, li portano sulla pelle, sui capelli, nei polmoni. Dove l’uomo pecca, la natura...