Visti per l’Italia solo a pagamento
Rifugiato somalo aspetta da tre anni il ricongiugimento di moglie e figli bloccati in Kenia A Nairobi le pratiche dei profughi appaltate a una agenzia esterma. Denuncia l’Arci: chiedono dai 500 ai 2.500 euro
Rifugiato somalo aspetta da tre anni il ricongiugimento di moglie e figli bloccati in Kenia A Nairobi le pratiche dei profughi appaltate a una agenzia esterma. Denuncia l’Arci: chiedono dai 500 ai 2.500 euro
Adam è un rifugiato somalo e ogni mattina si presenta allo sportello immigrazione dell’Arci a Roma per avere notizie di sua moglie e dei suoi sei figli bloccati in Kenya.
Nel 2013 la sua famiglia è scappata dal terrorismo di Al Shaabab e si è rifugiata a Nairobi. Lì si è rivolta all’ambasciata italiana per ottenere il ricongiungimento familiare con Adam. Aspettano inutilmente da tre anni.
L’unico modo per accelerare i tempi è pagare. A denunciarlo a Fainotizia.it, il sito d’inchieste di Radio Radicale, è l’Arci: «Abbiamo raccolto una ventina di segnalazioni: i parenti dei rifugiati somali sono avvicinanti da alcuni trafficanti che chiedono dai 500 ai 2.500 euro a persona a seconda dello step in cui si trova la pratica», afferma Elvis Koloko dello sportello immigrazione Arci.
L’ambasciata italiana ha affidato il servizio di raccolta dei documenti per il rilascio del visto a un’agenzia esterna alla Vsf Global. Ma passano mesi solo per prendere un appuntamento. «Hanno detto alla moglie di Adam di presentarsi il prossimo 3 settembre 2016 che è un sabato, un giorno in cui l’agenzia è chiusa. Capita spesso che diano dei falsi appuntamenti a chi non paga», spiega Koloko. «Dopo le nostre denunce hanno minacciato la moglie di Adam. Crediamo che siano tutti al corrente di quanto succede ma nessuno fa niente».
L’ambasciata italiana di Nairobi ha negato ogni responsabilità: «L’agenzia non decide l’emissione del visto, ha solo il compito di raccogliere la documentazione e inviarcela», afferma Andrea Marino, primo segretario dell’ambasciatore in Kenya, Mauro Massoni. «La cifra di 2.500 euro non è commisurata a quello che la Vsf fa e che noi facciamo. Ci sono pratiche che vanno avanti da più di un anno, ma solo perché a volte mancano i documenti necessari. A ogni segnalazione che ci viene fatta, la nostra risposta è sempre quella di fare nomi e cognomi e di rivolgersi sia alle autorità italiane che a quelle keniote».
I parenti dei rifugiati non denunciano perché hanno paura: «La mia famiglia vive in un paese straniero senza documenti. Ogni notte temo che il telefono possa squillare e che mi dicano che è successo qualcosa a mia moglie e ai miei figli», continua Adam. In Kenya è presente il più grande insediamento di profughi al mondo: 500mila persone sono ammassate nei campi di Dadaab, nel nord est del Paese. I più fortunati riescono ad arrivare in Europa: nel 2015 4.942 somali hanno ottenuto protezione in Italia.
Dopo l’inchiesta di Fainotizia.it il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani, ha depositato un’interrogazione a cui il ministro degli Esteri Gentiloni dovrà rispondere. Un’altra interrogazione è stata presentata alla Camera dai deputati Beni e Quartapelle.
I Radicali Italiani hanno deciso di denunciare alla Procura di Roma questa pratica illecita. «Se è vero – ha dichiarato Riccardo Magi – che il servizio di raccolta dei documenti per il rilascio del visto è stato appaltato a una società esterna, questo non giustifica la totale mancanza di controllo né i tempi lunghissimi di attesa per il rilascio dei visti, davvero inspiegabili. Occorre ottenere delle risposte dalla Farnesina ma vogliamo anche interessare la magistratura affinché si colpiscano i criminali colpevoli di questo traffico ignobile sulla pelle dei profughi».
Intanto, chi non ha i soldi per pagare e non vuole aspettare anni per ricongiungersi con la propria famiglia, ha un’unica alternativa: consegnare la propria vita ai trafficanti del mare.
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