Politica

Visco lo scredita, Renzi lo ringrazia

Visco lo scredita, Renzi lo ringraziaIgnazio Visco ieri in commissione Banche – LaPresse

Loro di Arezzo Il governatore di Bankitalia in commissione Banche: «L’ex premier mi chiese di Etruria, gli dissi che ne parlavo solo con Padoan». Ma su Boschi non infierisce

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 20 dicembre 2017

L’attenzione era fissa su Maria Elena Boschi quando ieri mattina Ignazio Visco ha infine detto la sua di fronte alla commissione d’inchiesta sulle banche. La domanda era se anche lui, come Vegas e Padoan, avrebbe aggiunto il suo chiodo per crocefiggerla. Invece il governatore di Bankitalia alza il tiro e chiama direttamente in causa Renzi: «Mi chiese perché Vicenza volesse prendersi Etruria. Era preoccupato per gli orafi. Pensai che scherzasse». L’allora premier chiese ragguagli sulle banche in una seconda occasione ma Visco si cucì la bocca: «Gli risposti che di Vigilanza parlavo solo col ministro del Tesoro: rigorosa applicazione del segreto d’ufficio. Non dissi niente, però lui chiese».
Che con Renzi il governatore abbia il dente avvelenato si evince anche da un altro particolare. Padoan, assicura il numero uno di palazzo Koch, all’estero è universalmente rispettato. L’Italia invece no: «Sono preoccupati per il livello del debito pubblico, per la scarsa ripresa, per la poca intraprendenza». Insomma, Padoan si salva, ma i governi di cui è ed è stato ministro no.

Su Maria Elena Boschi Visco va leggerissimo. Conferma due incontri tra lei e il numero due di Bankitalia Panetta, il secondo dei quali, particolare non indifferente, quando già erano iniziate le ispezioni presso la banca aretina anche se prima del commissariamento. Però aggiunge subito che «nei colloqui non ci fu una particolare richiesta di intervento». L’allora ministra «espresse preoccupazione per il territorio» ma non «effettuò alcuna sollecitazione in favore di Etruria, né chiese informazioni riservate e ha chiarito di non voler trattare atti su Etruria». Nessuna pressione.

E’ la formula magica che permette all’intera truppa renziana di scattare all’unisono ripetendo in coro una formula che risponde chiaramente all’ordine di scuderia: «Non c’è stata pressione. Dunque il caso è solo una montatura». Renzi fa di più. Sceglie il colpo di teatro, ringrazia il governatore che voleva sfiduciare e che, nelle intenzioni del Pd, era il bersaglio grosso nella caccia al colpevole che è il vero scopo della commissione: «Mi fa piacere che fughi ogni dubbio sul comportamento dei ministri. Mette la parola fine a settimane di speculazione medatica e di linciaggio verbale verso esponenti del mio governo».

Più che una constatazione quello di Renzi è un auspicio. Anche se si realizzasse per lui sarebbe un boccone amaro. La commissione avrebbe dovuto inchiodare proprio Bankitalia e Consob, dimostrando le pecche della vigilanza e facendo di conseguenza apparire il governo Renzi come un’àncora di salvataggio nel maremoto provocato dai vigilanti distratti. Etruria ha coperto tutto. Ieri Visco ha difeso su tutta la linea l’operato della sua vigilanza. Ha ripetuto che da parte della Banca centrale non c’è stata nessuna forzatura per convincere Etruria a fondersi con Popolare Vicenza, la vicenda diventata su questo lato della scacchiera pietra dello scandalo. Ha negato che ci siano state sue telefonate al presidente di Popolare Vicenza Zonin per favorire la fusione con Veneto Banca, come raccontato invece dal presidente di quest’ultima Vincenzo Consoli. Dall’esterno della commissione il più volte audito capo della Vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo conferma e la faccenda intorno alla quale avrebbe dovuto ruotare la fase finale dell’inchiesta, con Visco sul banco degli imputati, si chiude così. In parte il rovescio si deve alla mutata strategia degli istituti di vigilanza che, dopo essersi sbranati a vicenda nella prima fase rimpallandosi le responsabilità, hanno capito di dover fare fronte comune. Non a caso Visco elogia la «collaborazione leale e costante con Consob».

Che per Renzi la faccenda sia chiusa, però, è poco probabile. Il presidente della commissione Casini ha fretta di assolvere Maria Elena Boschi quanto e più dell’ex premier. «Ora tutto è chiaro», assicura e fa sapere che la sottosegretaria non sarà audita. Ma le opposizioni strillano con altrettanta forza la loro versione opposta e denunciano le menzogne della ex ministra. Alla fine molto dipenderà da quel che dirà oggi l’ex ad Unicredit Ghizzoni. Se confermerà che Boschi si interessò al possibile acquisto di Etruria, sarà il colpo di grazia.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento