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Visco interpreta il copione scritto da Draghi

Visco interpreta il copione scritto da DraghiIl Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco

Bankitalia Attraverso le prudenti parole di Visco si percepisce che il dominus della politica economica, finanziaria e monetaria sta altrove, assiso sulla poltrona della Presidenza del Consiglio

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 1 giugno 2021

È successo spesso che le Considerazioni finali dei Governatori della Banca d’Italia si caratterizzassero per la distanza tra una diagnosi abbastanza cruda della realtà economica interna ed esterna al nostro paese e una quasi evanescenza delle terapie. Anche se è vero che non è in primo luogo da quello scranno che ci si dovrebbe aspettare linee di politica economica. Questo è certamente il caso delle Considerazioni svolte ieri da Ignazio Visco. Non certo per limiti della persona.

Quanto per il fatto che anche attraverso le sue prudenti parole si percepisce che il dominus della politica economica, finanziaria e monetaria sta altrove, assiso sulla poltrona della Presidenza del Consiglio, investito in quel ruolo da un compito ben preciso, quello di incanalare le scelte del nostro paese entro gli argini voluti dalla governance europea.

Era evidente fin da subito, ma è stato reso ancora più esplicito dalla quantità senza precedenti di concentrazione di poteri che con l’ultimo decreto Mario Draghi si è dato. Un letto di Procuste, dunque, nel quale poco spazio sarebbe rimasto anche per il più brillante dei Governatori di Bankitalia che volessimo immaginare.

L’incipit analitico di Visco non è lieve. La recessione in atto è definita come “la più grave dalla fine del secondo conflitto mondiale”. Nel solo 2020 il Pil globale è regredito del 3,3%; la caduta del commercio internazionale ha raggiunto quasi il 9%; la disoccupazione ha infierito particolarmente sui “giovani, le donne, i lavoratori precari”; ma soprattutto, ed è la Banca mondiale che lo attesta, è tornato a salire dopo venti anni il numero di chi versa in povertà estrema, il 10% della popolazione mondiale, “con un incremento di oltre 100 milioni nell’ultimo anno”.
Dati terribili, debolmente temperati dalle previsioni di un incremento del Pil per l’anno in corso del 6% secondo il Fmi.

Per l’Italia Visco aggiunge la sua autorevolezza alle stime di questi ultimi giorni, di fonte governativa e confindustriale, in base alle quali nella seconda metà dell’anno il Pil dovrebbe crescere poco sopra il 4% (nella media del biennio 2021-22), ma con una dinamica salariale frenata. Francamente non basta, a fronte di un simile quadro garantire che “le condizioni di finanziamento restino a lungo accomodanti” e che dunque non si giustificano aumenti dei tassi di interesse.

Servirebbe un’iniziativa ben più vigorosa che però Visco demanda interamente all’attuazione del Pnrr di cui battezza come felice l’esordio, non si sa in base a che. Il riferimento alla Ue non poteva mancare, ma stupisce l’assenza di qualunque riferimento alla Conferenza europea aperta il 9 maggio che dovrebbe discutere della struttura istituzionale della Ue, nonché, stando alle dichiarazioni verbali di alcuni suoi autorevoli rappresentanti anche delle norme dei Trattati non più inviolabili.

Forse non ci si poteva attendere da Visco parole definitive sul debito pubblico, buona parte del quale è nella pancia di Bankitalia, ma certamente rispetto all’ampiezza del dibattito, che ha coinvolto tutti i massimi livelli istituzionali della Ue, il riferimento a un semplice fondo di ammortamento per la gestione comune di parte delle passività emesse in passato da ciascun paese, appare flebile.

Per Visco la Next Generation Eu serve semplicemente per migliorare il funzionamento dell’apparato pubblico, “stimolare l’iniziativa privata e modernizzare l’economia”. Nulla di più. “E’ fuorviante la contrapposizione fra Stato e mercato, che sono invece complementari”, afferma Visco.

Quindi l’azione pubblica deve essere più efficace ma non bisogna estenderne i compiti, si correrebbe il rischio niente meno di “un fallimento dello Stato”! Questo deve essere regolatore e stimolatore dell’iniziativa privata, ma non innovatore e tantomeno imprenditore. E il Mezzogiorno si deve accontentare del 40% del sostegno pubblico, anche se una simile quantità era già garantita dalla legislazione in vigore. Cose del resto anticipate da Dario Scannapieco non a caso insediato a capo della Cassa depositi e prestiti come “ufficiale di collegamento” con il Recovery. L’ordoliberismo rispolvera i suoi ottoni.

Ma la rete di protezione statale al mercato non è eterna. “Cesseranno – dice Visco – il blocco dei licenziamenti, le garanzie dello Stato sui prestiti, le moratorie sui debiti.” Parole su cui si getta il capo di Confindustria per rivendicare i licenziamenti, mentre Landini ribadisce che il blocco va prolungato fino alla riforma degli ammortizzatori, e Sbarra della Cisl invoca il ritorno della concertazione. Non mancano nelle Considerazioni finali le citazioni dotte che vogliono mischiare in una sorta di quietismo intellettuale l’illuminismo di Gaetano Filangieri con la visione funzionalista di Jean Monnet dell’unità europea dei piccoli passi.

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