Visco: «Il destino dell’Italia è nella Ue»
Banca d'Italia Nelle Considerazioni finali il governatore respinge l'ipotesi di una uscita dall'euro. Niente avventure, potrebbero minare la stabilità e i risparmi: ridurre il debito e non toccare le pensioni
Banca d'Italia Nelle Considerazioni finali il governatore respinge l'ipotesi di una uscita dall'euro. Niente avventure, potrebbero minare la stabilità e i risparmi: ridurre il debito e non toccare le pensioni
Nella bufera dello scontro istituzionale, infiammato dalle parole del commissario Ue Oettinger, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco indica deciso la via europeista. Nelle sue Considerazioni finali, evento consueto degli ultimi giorni di maggio a Palazzo Koch, Visco dice a chiare lettere che «il destino dell’Italia è quello dell’Europa» e che, di conseguenza, «è importante che la voce dell’Italia sia autorevole nei contesti dove si deciderà il futuro dell’Unione europea».
Europa vuol dire vincoli europei, per la stabilità economica: la barra del governatore è ferma sul rispetto dei parametri a partire dal debito e dalle pensioni, note dolenti dei conti italiani. «Non sarebbe saggio – ammonisce Visco – ignorare le compatibilità finanziarie», e «non per rigidità a livello europeo o minacce speculative, ma perché le nostre azioni, i nostri programmi forniscono i segnali che orientano l’allocazione delle risorse a livello nazionale e globale». Non dovrebbero dunque preoccuparci presunti diktat dei mercati internazionali, o le direttive della Commissione, ma è la stessa logica che dovrebbe dettare all’Italia la linea: «Non sono le regole europee il nostro vincolo, è la logica economica».
I vincoli europei, in ogni caso, il numero uno di Bankitalia li lega alla Costituzione, quasi a entrare nel dibattito che si è aperto in questi giorni rispetto allo stop posto dal presidente Mattarella a Paolo Savona, ma senza mai fare riferimenti alla stretta attualità: «Le norme (anche europee, ndr) entro cui operiamo possono essere discusse, criticate. Vanno migliorate. Ma non possiamo prescindere – dice Visco – dai vincoli costituzionali: la tutela del risparmio, l’equilibrio dei conti, il rispetto dei Trattati. Soprattutto, bisogna avere sempre presente il rischio gravissimo di disperdere il poco tempo e con poche mosse il bene insostituibile della fiducia».
Il governatore rileva in particolare «la fiducia nella forza del nostro paese che, al di là di meschine e squilibrate valutazioni, è grande, sul piano economico e su quello civile». E per le recenti bufere sui mercati, con le tensioni sugli spread, «non ci sono giustificazioni, se non emotive».
Ma appunto, quello di questi giorni può essere solo l’antipasto. Nella sua relazione, il governatore ammonisce sulla possibilità che si sposino «alternative» rispetto a quelle accettate dalle norme e dalla prassi internazionale: «Gran parte del risparmio finanziario accumulato dagli italiani trova corrispondenza, diretta o indiretta, nei 2.300 miliardi del nostro debito pubblico – spiega Visco – Se venisse meglio a repentaglio il valore della loro ricchezza reagirebbero fuggendo, cercando altrove riparo». E tra l’altro, a peggiorare, «gli investitori stranieri sarebbero più rapidi»: «La crisi finanziaria che ne conseguirebbe farebbe fare al nostro Paese molti passi indietro. Macchierebbe in modo indelebile la reputazione dell’Italia nel mondo».
Bocciate, in larga parte, le misure indicate da Cinquestelle e Lega, specie quelle che farebbero aumentare il debito: bisogna stare attenti, dice Visco, a «non compromettere il futuro delle prossime generazioni: accrescere il debito vuole dire accollare loro quello che oggi non si vuole pagare».
Il debito pubblico può scendere: il rapporto debito/Pil, oggi al 132%, può tornare secondo la ricetta indicata da BankItalia sotto il 100% «nel giro di dieci anni se venisse gradualmente conseguito un avanzo primario tra il 3-4%» del Pil».
L’ultimo monito del governatore è sulla legge Fornero: attenti a non «fare passi indietro» rispetto alle riforme pensionistiche, dice. «Nel lungo periodo il contenimento del disavanzo e del debito poggia in larga misura sulla capacità della finanza pubblica di fare fronte all’aumento della spesa sociale determinato dall’invecchiamento della popolazione, in particolare nella previdenza e nella sanità. Le riforme introdotte in passato rendono gestibile la dinamica della spesa pensionistica». Mettere mano a queste riforme, che «hanno posto l’Italia in una posizione favorevole nel confronto internazionale», sarebbe rischioso, e Visco suggerisce «estrema prudenza» per non alterare l’attuale equilibrio.
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