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Vincenzo Vasi e Valeria Sturba, il muro del suono

Vincenzo Vasi e Valeria Sturba, il muro del suonoIl duo OoopopoiooO, Vasi e Sturba

Incontri L'evocatività musicale del duo e il sontuoso saggio visionario che fu «Le avventure Straordinarissime di Saturnino Farandola», diretto nel 1913 da Marcel Fabre

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 23 giugno 2018

È questa la sezione parallela «orgogliosamente underground» della Mostra Internazionale Del Nuovo Cinema curata da a Anthony Ettorre con lo scopo programmatico di rinverdire i fasti dell’arte antica della sonorizzazione «in sala»di film muti, quella praticata dai pianisti ed orchestrali degli anni aurorali della settima arte. È in questa cornice che si è verificato l’incontro carismatico tra l’evocatività musicale del duo OoopopoiooO, al secolo Vincenzo Vasi & Valeria Sturba, e quel sontuoso, quanto misconosciuto, saggio di inventività visionaria che fu Le Avventure Straordinarissime di Saturnino Farandola, pionieristico film comico-fantascentifico diretto nel 1913 da Marcel Fabre. Considerato l’esito, non indagare ulteriormente sarebbe stato un peccato, e da subito li interrogo sulla natura di questa loro strana, strarnissima arte.

Quello con le immagini per la vostra musica sembra un rapporto difficilmente evitabile, anche quando non fate propriamente musica per film…

V.V: sì, cerchiamo sempre la forte evocatività, la capacità delle composizione di suscitare nell’immaginazione dello spettatore vere e proprie immagini mentali, scene cinematografiche, ma non solo, alle volte lavoriamo utilizzando veri e propri spunti reali, che ne so, il passaggio, delle nubi, piuttosto che il traffico, in grado di suggerire ritmi, direzioni, movimento, che la musica nella sua natura poli sensoriale è in grado di riprodurre, restituendoli allo spettatore transcodificati nel suo «alfabeto» specifico, quello dei suoni e delle emozioni dando vita alle nostre composizioni.

I rischi di tradimento o prevaricazione dell’un elemento sull’altro sono sempre dietro l’angolo in questo tipo di operazioni, voi come vi regolate?

V.V. : la regola prima è sempre il rispetto, rispetto del film, che prima di tutto deve essere analizzato in ogni sua componente e scena, scrutato con grande attenzione e capito, perché è proprio la questione dell’ «ingresso nel film», del nostro entrare all’interno del suo universo di senso e di stile ad essere fondamentale, a determinare il risultato. Il metodo della performance live, poi, è lo stesso dei vecchi pianisti, si fonda sul reagire e accompaganre in tempo reale i personaggi, i caratteri, le situazioni che passano sullo schermo, e cerco sempre di farlo senza travalicar lì mai.

In questa vostra pratica di traduzione interlinguistica sembra avere un ruolo primario il concetto di “manipolazione

V.S. : Sì, e noi la intendiamo sia come «manipolazione del suono» attraverso procedure di tipo tecnologico, sia come «manipolazione» nel senso fisico, di azione concreta attraverso le nostre mani su oggetti come giocattoli, fischietti, percussioni, pupazzi, il basso, il violino e il theremin. D’altro canto molti momenti del film richiedevano un tipo di sincronia che si ottiene solo modellando il gesto sonoro, l’azione sullo strumento, direttamente sul film. Spesso è proprio la logica generativa della performance che richiede di agire concretamente sui materiali, si crea un suono che viene campionato in tempo reale, looppato e poi può essere processato in modi differenti, arrivando a creare, per logica generativa interna, suoni nuovi, che magari hanno funzioni differenti da quelli originari. Pensa solo a tutte le volte in cui la voce di Vincenzo dà vita a quei lunghissimi e profondi pedali (lunghi accordi bassi, ndr.) e diventa il basso del brano»
V.V.: Ovviamente poi tutto ciò non deve mai, ma qui ritorna il discorso sul rispetto che facevamo prima, scadere nel virtuosismo.
Lo «stile», diciamo così, è strettamente funzionale agli scopi evocativi che ci diamo, ma questi non possono che essere strettamente funzionale alle necessità di senso del film
V.S.: È così anche l’approccio che utilizziamo per gli oggetti e gli strumenti musicali, non ci interessano tanto per quello che sono, per gli usi convenzionali che se ne fanno, quanto per come potremmo usarlo noi, per gli usi possibili che se ne possono fare nell’attuazione del nostro progetto di senso.

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