Se si riuscisse a raccordare il passato al presente con più capacità di stimolo verso le nuove generazioni si potrebbe riprendere il filo smarrito di una storia. Vanno in questa direzione pubblicazioni che riportano in auge personaggi straordinari che rischiano di restare nel dimenticatoio della storia.
Bene ha fatto quindi la CalicEditori a pubblicare saggi e documenti nuovi nel volume Vincenza Castria: la rivelazione della politica – Lettere e interventi 1950/1989 (curato da Tommaso Russo, Adriana Salvia, Rosa Maria Salvia e Emilia Simonetti, pp. 196, euro 14) che, se si legge assieme a Rossa terra mia, l’autobiografia di Castria (uscitai alcuni anni fa) in cui descriveva il suo tragitto di donna povera del Sud, è un ottimo compendio di una vita e di una storia esemplari. «Perché Vincenza le parole le sa usare, lei che spesso ricorda agli altri e forse a sé stessa di non aver studiato, sa conquistare stima e interesse in chi l’ascolta, con la forza delle sue parole», scrivono Adriana Salvia e Emilia Simonetti.

LA SUA STORIA è intrecciata con quella del marito Giuseppe Novello, ucciso dalle forze dell’ordine durante la lotta per la terra il 14 dicembre 1949 a Montescaglioso, nel sud della Basilicata. Quel delitto non piegherà Vincenza, anzi sarà l’inizio di una vita diversa e impegnata.
Lo spiegherà molto bene lei stessa in un intervento agli operai della Fiat Mirafiori di Torino nel 1950, pochi mesi dopo l’assassinio di Giuseppe: «Da quando il 14 dicembre la polizia di Scelba mi tolse tutto il bene della mia vita, ho sentito da allora che non ero così sola come loro credevano di avermi lasciata, ma tanti fratelli e tante sorelle mi erano vicini con le loro anime e i loro cuori». Ed è davvero stupefacente la capacità di Vincenza di restare a lottare al suo paese (sempre controllata dalla questura del tempo) e nello stesso tempo intrecciare rapporti, epistolari e non, con i massimi dirigenti della sinistra.

TOCCANTE È IL RACCONTO che fa dell’incontro con Scotellaro che le consegna la poesia dedicata a Giuseppe Novello. Ma naturalmente è il suo lavoro con le donne che risalta in modo decisivo. «Le donne meridionali si sono svegliate – dirà al congresso del Pci del 1951 a Roma -, non siamo più quelle di ieri, questa società morente con la sua propaganda clericale e con il suo dominio riusciva nel passato a tenerci chiuse nell’umiliazione e nella timidezza».