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Nobel per la chimica, vince il dettaglio lillipuziano

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Chimica Il nobel lo conquistano il tedesco Stefan Hell e gli americani Eric Betzig e William Moerner per aver perfezionato la risoluzione dei microscopi, portandola nella nanoscala

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 9 ottobre 2014

Osservare la materia con dettaglio sempre maggiore, a partire dall’invenzione del primo microscopio ottico, è uno degli obiettivi innegabili della scienza. Negli anni si sono susseguiti molti miglioramenti tecnologici atti a perfezionare il parametro principe della microscopia, ossia la «risoluzione». Quest’ultima, infatti, descrive impietosamente quale è la distanza minima a cui il microscopio sa distinguere due oggetti e di conseguenza qual è il dettaglio più piccolo che si può osservare. Una legge nota come legge di Abbe alla fine del XIX secolo stabilì in 0.2 micrometri il limite per i microscopi che lavorano con luce visibile e, fino a pochi anni fa, tale confine è stato considerato invalicabile.

Per superarlo, ci si è affidati a principi fisici molto diversi da quello originario della microscopia ottica, basti pensare alla microscopia elettronica o a scansione di sonda, che hanno esplorato la materia con particelle subatomiche o con sonde estremamente appuntite che sfioravano la superficie dei campioni. Queste tecniche hanno permesso di spostare la risoluzione della microscopia alla scala nanometrica, contribuendo così alla rivoluzione delle nanotecnologie. Nonostante tutto, però, la versatilità e la rapidità di utilizzo della microscopia ottica hanno sempre fatto desiderare ai ricercatori di poter raggiungere simili livelli anche con la luce visibile.
Il premio Nobel per la chimica quest’anno è stato assegnato a tre scienziati, il tedesco Stefan Hell e gli americani Eric Betzig e William Moerner, che sono riusciti a soddisfare questo desiderio, portando la risoluzione della microscopia ottica nella nanoscala, superando il presunto limite che riteneva un microscopio ottico incapace di avere una risoluzione superiore a 200 miliardesimi di metro.

Se il premio Nobel per la fisica 2014 ha premiato una scoperta utile per generare luce, quello per la chimica ha incoronato coloro che sono stati capaci di spegnerla in maniera controllata spazialmente.

Il principio su cui si basa in particolare il microscopio Sted (Stimulated emission depletion) è l’utilizzo di due laser coassiali con compiti opposti: il primo stimola l’emissione di luce da apposite molecole presenti nel campione (coloranti), il secondo ne spegne una parte, lasciando solo quella concentrata al centro dell’oggetto in questione. L’area dell’oggetto osservata dal microscopio viene così estremamente ridotta, permettendo di distinguere dettagli che in precedenza sarebbero stati parzialmente sovrapposti.

L’impatto di queste tecniche è stato notevole, in particolare per l’utilizzo nel campo della materia vivente, ove ha permesso di osservare componenti estremamente piccole delle cellule, come le singole proteine e di vederne l’esatto posizionamento. Guardare all’interno delle cellule con una risoluzione nanometrica era statoino ad allora difficilmente ottenibile con altre tecniche microscopiche, che spesso si fermavano alla superficie esterna.

Un’analisi strutturale accurata è ora possibile, in tempo reale e su campioni viventi, sia all’interno delle cellule, come nel caso del citoscheletro e dei suoi componenti, sia sulla loro superficie, come per i recettori che sono tra i principali mediatori dell’interazione delle cellule con l’ambiente esterno. Tutto ciò ha permesso di conoscere, con una precisione prima inaccessibile, l’effetto di molecole da usare come farmaci così come la possibile tossicità di specifici composti.

Come per molte scoperte e invenzioni degli ultimi decenni, i brevetti hanno giocato un ruolo non secondario e con l’avvicinarsi della scadenza del brevetto originario, i principali produttori di microscopi, oltre a competere per le immagini e i filmati più accattivanti da mettere sulle proprie pagine web (basta digitare su un motore di ricerca «Sted Microscopy»), hanno iniziato a gareggiare per proporre strumenti con prestazioni sempre migliori basati su questa tecnologia.

A tal proposito, è comunque illuminante l’opinione del fresco premio Nobel Stefan Hell (come riportato dalla rivista Biophotonics) secondo la quale, con l’avvicinarsi dello scadere del brevetto sulla tecnica da lui stesso sviluppata, ci si appresta ad avere una nuova ondata di sviluppi in questo campo.

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