Nuova frattura nel rapporto tra Ue e Bielorussia, che rischia ormai di arrivare ad un punto di non ritorno. Dopo la violenta repressione delle proteste organizzate lo scorso agosto per contestare l’esito delle elezioni presidenziali e il dirottamento del volo Ryanair 4978 (che ha portato all’arresto del giornalista dissidente Roman Protasevich), un nuovo punto di contrapposizione è arrivato con la crisi migratoria che da qualche giorno sta interessando il confine tra Bielorussia e Lituania. Al centro della nuova disputa l’incremento importante degli attraversamenti illegali alla frontiera: situazione denunciata già la scorsa settimana dalla premier lituana Ingrida Simonyte, e confermata dalla commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson, che in audizione al Parlamento Ue ha sottolineato come il numero di migranti alla frontiera lituana sia aumentato di 22 volte.

“Oltre 1.600 persone in questa prima parte dell’anno e la situazione peggiora di settimana in settimana”, ha detto, aggiungendo che molte delle persone in arrivo dalla Bielorussia sarebbero di nazionalità irachena, con una presenza significativa anche di congolesi e camerunensi.

Flussi che secondo le autorità di Vilnius verrebbero favoriti intenzionalmente dal regime di Aleksandr Lukashenko: una ritorsione contro le sanzioni imposte da Bruxelles negli ultimi mesi. “Non è ancora chiaro come operino, ma sembra ci siano diversi voli commerciali che ogni giorno arrivano a Minsk partendo da Istanbul o Baghdad”, ha spiegato, aggiungendo che una volta atterrati i migranti verrebbero portati alla frontiera (raggiungibile, secondo la commissaria, anche utilizzando l’app Uber con costi che arriverebbero fino a 15 mila euro).

Sarebbe proprio la presenza di cittadini africani a destare sospetti: la rotta che attraversa i confini esteuropei vede solitamente il passaggio di migranti provenienti da Asia centrale o Afghanistan, mentre per chi arriva da Sahel e Nord Africa restano preponderanti i corridoi balcanico e mediterraneo. D’altra parte, è stato lo stesso Lukashenko a confermare il rifiuto a trattenere i flussi diretti in Europa. “Se qualcuno pensa che chiuderemo i confini trasformando il paese in una colonia per rifugiati, semplicemente si sbaglia: non tratterremo nessuno, anche perché la loro destinazione finale non siamo noi ma l’accogliente Europa”, ha detto, accusando l’Ue di essere responsabile dell’aumento dei flussi a causa della politica estera portata avanti nei paesi di origine.

La situazione ha incrinato ulteriormente un rapporto già ai ferri corti dopo le dispute sulle forniture elettriche e la visita a Vilnius della leader di opposizione bielorussa Svetlana Tikhanovskaya: la scorsa settimana le autorità lituane hanno dato il via alla costruzione di una recinzione lungo il confine per arginare i flussi in costante aumento. Numeri che sono relativamente bassi rispetto ad altre rotte migratorie, ma che rappresentano una minaccia per paesi come le repubbliche baltiche, che non avendo mai sperimentato fenomeni di immigrazione di massa si trovano in difficoltà nella gestione del problema. A tal punto che alcuni paesi della regione – come la Polonia, che rifiuta i migranti e la redistribuzione ma ha annunciato forniture di tende militari alla Lituania per «sostenere i nostri alleati» – sono già intervenuti in aiuto del paese baltico.

Non solo: la decisione di chiedere reciprocamente la riduzione al minimo delle rispettive rappresentanze diplomatiche nei due paesi è stata condannata anche dalle autorità comunitarie. “Abbiamo già adottato misure contro la Bielorussia e siamo pronti a considerarne di ulteriori”, ha affermato l’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell.