La pioggia è cominciata a mezzanotte. «Quando fa questo tempo, non dormiamo. Ogni tanto mi affacciavo al balcone e vedevo mio padre che abita di fronte a me affacciato anche lui. La strada era piena d’acqua. Si vedeva ancora bene, i lampioni erano accesi». Nicola Di Iorio adesso sta seduto su una sedia di plastica in una baracca di piazza Maio. Attorno i segni dell’emergenza. Non questa, l’emergenza di cinque anni fa. Il terremoto dell’agosto 2017 aveva colpito lo stesso comune, Casamicciola, la stessa zona, la parte alta del paese, quella più lontana dal mare, la stessa gente. Uno striscione dei terremotati grida: «Basta chiacchiere, vogliamo i fatti». Resiste sulla baracca che volevano abbattere. Invece è tornata utile ieri pomeriggio per accogliere le vittime di un’altra tragedia, le famiglie sfollate dalle case distrutte dal fango. Si fermavano solo un po’, poi le spostavano negli alberghi. Sono un centinaio. Si prevede che raddoppieranno.

Un bilancio difficile

A Casamicciola c’è un solo decesso accertato. Non gli otto morti che Salvini ha pensato bene di annunciare a mezzogiorno, da Milano. Ma i dispersi sono undici, tra i quali una famiglia con tre figli. Una decina i feriti, uno grave. E dopo diciotto ore dalla tragedia ancora dieci persone bloccate nelle case più in alto, al buio. I soccorritori non riescono a liberarli.

«Alle quattro del mattino c’è stato un tuono più forte degli altri», riprende il racconto Nicola. «Ma è un tuono che dura venti secondi, quaranta». Non è un tuono, è la montagna che viene giù. Poi un secondo rumore cupo, profondo. «Torno sul balcone. In basso vedo una valanga di fango, massi enormi, macchine, tutto finisce travolto. Ho in casa i miei figli e i loro cugini che dormono. Li sveglio, saliamo tutti al piano più in alto. Poi si stacca la luce. Dalle case che stanno in alto sulla strada vedo scendere prima di tutti un cane. Poi arrivano con poche cose in mano, con i piedi nell’acqua e nella terra, alcune persone che conosco. Ma sono meno di quelle che abitano li su. Molte di meno. Non sono scesi tutti».

L’archivio del fango

In un’isola segnata dalle frane, quella che si è staccata dalla cima del monte Epomeo all’alba di ieri è la più grande che si ricordi. Dalle pendici non si riesce a venderne l’inizio perché la cima della montagna è coperta dalle nuvole. È una striscia marrone in mezzo a un bosco ancora verde di castagni, una striscia lunga sette, ottocento metri. Ha portato via gli alberi e anche massi grandi come automobili. Sul dorso di tufo della montagna la frana liquida è scivolata giù sempre più veloce, ha sradicato tronchi di venti metri. «Ma venendo giù non ha preso il vecchio cavone, quello della frana del 1910, ha cambiato strada forse perché non c’è mai stata una frana così grande», dice Giuseppe, operaio comunale che torna a valle dopo aver dato una mano a scavare.

A Ischia e soprattutto a Casamicciola c’è sempre una vecchia frana di ricordare. Anche senza tornare a un secolo fa. Ci sono state frane piccole a febbraio 2021, a febbraio 2019 e a novembre 2018. Danni, niente vittime. Una frana più grande a novembre 2019 che ha trasportato a mare e ucciso una ragazza. La frana di ieri dopo aver travolto le prime case nella zona del Celario si è divisa in più fiumi, ha fatto un altro chilometro ed è arrivata al mare. Ha riempito l’ultima piazza, dedicata proprio alla vittima di tre anni fa. Piazzale Anna Di Felice adesso è un piazzale di fango e detriti. Davanti al porto il mare in tempesta è marrone come la terra. Affiorano automobili. Sulla spiaggia si sono incastrati due bus.

Verso i “gradoni”

Risaliamo sotto la pioggia lungo la strada comunale che da sempre chiamano «la lava». Al centro scorre un fiume giallo di terra e di sassi. Ai lati massi, tronchi, pezzi di motorini, automobili accartocciate. Uno dei fiumi ha riempito piazza Bagni, le macchie di fango sono alte due metri. È una lava morbida, ci si affonda dentro, non riesce a seccarsi. Più su cominciano le tracce del terremoto, le case danneggiate stanno ancora come cinque anni fa, puntellate e vuote. Da piazza Maio parte via Santa Barbara, curve strette su verso la montagna. Il fango ha tagliato dritto e ora copre tutto, anche un parcheggio. È la zona del “Rarone”, i “gradoni” che tagliano le curve. È qui che si cercano i dispersi. È qui che hanno salvato dall’acqua l’uomo coperto di fango che tutti hanno visto in video e foto. È sempre qui che hanno trovato il primo cadavere. Una donna, un’italiana da 24 ore.

Si chiamava Nicolinka Blagova, aveva 58 anni. Bulgara, amava Ischia dove viveva con Vincenzo Senese in una casa di via Celario, ci si erano trasferiti dopo che l’altra casa più in basso era stata danneggiata dal terremoto. Una tragedia inseguita da un’altra più grande. Fino a qualche giorno fa i due erano a Berlino, dov’è rimasto Vincenzo. Nicolinka, “Nina”, era tornata perché aveva finalmente avuto la cittadinanza italiana. Nel suo ultimo giorno di vita, venerdì, era stata in comune a fare la richiesta della sua prima carta d’identità. Aspettava il documento per tornare in Germania.

Un comune devastato

Il grigio pesante del cielo, l’ombra della sera che si allunga, il marrone scuro del fango dominano la vista che da qui su in alto prima era bellissima. Accanto alle case sventrate gocciolano gli alberi carichi di limoni e mandarini, si inzuppano gli orti e le vigne di questa terra fertilissima. I vigili del fuoco accompagnano gli sfollati uno a uno prendendoli per mano. Sorreggono donne anziane e bambini che scivolano sulla strada che adesso è un fiume. Zainetti, borsoni riempiti in fretta, buste di plastica. I volontari li aspettano qualche metro più in basso con coperte e merendine. Sono gente di paese, gli sfollati conoscono i loro soccorritori, si chiamano per nome e poi non dicono più niente.

Scendiamo al porto che fa notte. I lampioni sono tutti spenti, nel buio si vedono altre sagome di automobili ed enormi radici di alberi abbattuti. Qualche portone spalancato e fango nei primi piani. Altra acqua che scivola sul basolato.

C’è fango anche nella piazza giù alla marina. Le scarpe sprofondano ancora prima di entrare nella sede del comune, dove da giugno c’è la commissaria prefettizia. Il comune di Casamicciola è stato sciolto per dimissioni dei consiglieri, c’è una voragine nei conti che non si sa come affrontare. La sede è ancora quella che si arrangiò in tutta fretta nel giorno del terremoto, in un ex ristorante pizzeria. Pannelli di cartongesso e cavi volanti, adesso le stanze sono piene di donne e uomini in divisa, casse d’acqua, il caos delle prime emergenze. Si monta una centrale operativa, arrivano notizie di altre frane sull’isola, il costone della spiaggia dei Maronti che pencola da sempre sta venendo giù. A Casamicciola bisogna affrontare la prima notte. Ancora piove. E qui dentro, in questo che sarebbe il municipio, sta piovendo dal tetto.

Errata Corrige

A Ischia, martoriata da abusivismo e dissesto idrogeologico, la tragedia si ripete. La frana di Casamicciola causata dall’alluvione provoca una vittima accertata, undici dispersi, centinaia di sfollati. Piantedosi costretto a smentire Salvini che in mattinata si era affrettato a comunicare il numero dei morti