Si sta affermando sempre di più in Italia il costume padronale di licenziare usando le piattaforme digitali. Ha fatto molto indignare quello via mail, poi quello via Whatsapp. A tre dipendenti della Yazaki di Grugliasco, di cui una è anche una rappresentante sindacale della Fisascat Cisl di Torino, è toccata un’altra piattaforma: Teams. Non è regolato da nessun accordo sullo smart working, dato che dipende da ben altre leggi, ma piace: perché illude sul fatto che la tecnologia sia neutrale. Un po’ come le armi usate dai militari come un videogame per sostituire i piloti dei caccia per droni e robot che distruggono vite. I tre lavoratori hanno operato in questi mesi di pandemia attraverso il lavoro in remoto, due collegati con lo stabilimento di Grugliasco, un altro in quello di Pastorano (Caserta). L’azienda produce componentistica elettrica per automobili anche per Stellantis e sta delocalizzando alcune attività in Portogallo.
«Le modalità adottate da Yazaki Italia per licenziare i lavoratori – ha detto il segretario generale della Fisascat Cisl DavideGuarini – hanno connotati inqualificabili. Confidiamo che l’azienda revochi i licenziamenti. Se così non fosse, oltre ad intraprendere le strade legali del caso faremo comprendere a chi gioca con la vita delle persone come si fa impresa in Italia. «E’ stato già detto tanto rispetto alla scelta di intimare un licenziamento con una videochiamata, pertanto vale la pena soprattutto soffermarsi sulla soluzione tecnica scelta dall’azienda». «I tre licenziamenti ricadono nell’ambito del licenziamento plurimo individuale» e che «pertanto l’azienda opera in un regime normativo assai semplificato».

Sul caso Yazaki ieri è intervenuto il ministro del lavoro Orlando: «Non è possibile che questo avvenga, non corrisponde alle indicazioni della nostra Costituzione e soprattutto butta via un patrimonio che si è costruito con la fatica – ha detto – Non possiamo diventare un paese dove si viene a fare le vacanze, ma un paese che deve mantenere un patrimonio industriale». Per ora il paese in questione è quello dove si va in vacanza.

Il resto è in attesa di un provvedimento per bloccare i licenziamenti che sono ricominciati, anche in queste forme brutali, per sua decisione dopo il blocco per Covid. Il caso Caterpillar di Jesi (270 licenziati) ha spinto ieri il segretario Pd Letta a chiedere al suo governo di fare qualcosa. È un bollettino di guerra quotidiano e governo resta inerte» ha commentato Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana).

Giordano Fumarola, segretario generale della Filctem Cgil Taranto. ieri ha raccontato un caso diverso, ma ugualmente significativo delle relazioni industriali oggi in Italia. Siamo a Martina Franca in Puglia. Qui siamo alla Tessile 2.0, azienda del settore confezioni tra i più diffusi nella città e nell’indotto della Valle d’Itria. I lavoratori sono tornati in azienda «per recuperare i propri effetti personali, ma non li hanno trovati. E non hanno trovato nemmeno l’azienda. Dentro i locali c’erano solo alcuni operai edili impegnati in lavori, ma non i macchinari. Nemmeno gli operai all’interno sanno cosa sia accaduto. Le lavoratrici, in cassa integrazione covid fino a dicembre, avanzavano già delle mensilità non pagate – aggiunge – e tutte le tredicesime e ora scoprono che l’azienda a cui sono legate da contratto di lavoro non c’è più. Sparita. Senza alcuna comunicazione. Un grande paradosso in un settore in difficoltà acuite con la pandemia, ma ingiustificabile non comunicare nulla ai lavoratori e dismettere la produzione».