Mio carissimo amico ti scrivo dalla Zona, non proprio quella che attraversavi da Stalker nel 1988 con il tuo geniale e feroce spettacolo nato nella tua testa dopo l’avvento dell’Aids e la catastrofe di Chernobyl, ma quella vera, purtroppo tragicamente reale in cui è rinchiuso l’intero paese per colpa di un invisibile virus dal nome presuntuoso «Corona», una zona che per te caro poeta flaneur sarebbe una vera tortura senza bar, né tavolini all’aperto dove trascorrere le ore del tempo morto, strade deserte e niente ragazze vestite di primavera, niente rossetti sotto le mascherine chirurgiche, niente carezze, niente baci innocenti,...