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Vicina alla famiglia Magherini, in ricordo di mio padre

Lettera al manifesto Sono Domenica Ferrulli ho 28 anni, mio padre Michele Ferrulli, muore senza un perché il 30 giugno del 2011 dopo aver subìto un fermo di polizia, per strada sotto casa, […]

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 26 aprile 2014

Sono Domenica Ferrulli ho 28 anni, mio padre Michele Ferrulli, muore senza un perché il 30 giugno del 2011 dopo aver subìto un fermo di polizia, per strada sotto casa, muore nelle mani di quattro giovani agenti di polizia, mentre invocava ripetutamente aiuto a chi stava togliendo per sempre i suoi ultimi respiri.

Quando ho sentito per la prima volta la storia di Riccardo Magherini sono rimasta subito colpita, l’accaduto mi ha sconvolta, ho pensato ci risiamo è successo ancora una volta quello che non sarebbe dovuto succedere; ho subito pensato a una vicenda simile alla morte di mio padre, tanto più che, come nel suo caso, alcune persone che assistevano alla scena hanno girato dei video.

Un uomo immobilizzato a terra che invoca aiuto misteriosamente muore, muore nelle mani di chi avrebbe dovuto proteggerlo e tutelarlo.

Il mio pensiero è andato subito alla famiglia di Riccardo, soprattutto ai suoi genitori, a cosa avrebbero provato nel sentire quella urla strazianti, sapevo cosa avrebbe provato quella famiglia e cosa proveranno ogni volta che riascolteranno quella voce.

Avrei voluto che il dolore che ho provato io e la mia famiglia e proviamo ancora oggi non lo provassero altre famiglie, avrei voluto che la perdita di mio padre fosse servita a far sì che altre famiglie non facessero i conti con queste terribili tragedie… sbagliavo, ci risiamo ancora!

Quello che provo è difficile da descrivere, tutte le volte riguardando le immagini che ritraggono gli ultimi minuti della vita di mio padre e sentendo la sua voce invocare aiuto, sento come se ricevessi una pugnalata dritta la cuore e per un attimo boccheggio, è come se mi mancasse il respiro, mi sento soffocare, provo tanta rabbia ma la mia rabbia viene subito sovrastata da un grandissimo senso di impotenza: così mi sento, impotente, ed è la sensazione che mi fa stare peggio di tutto. Questa sensazione la combattiamo affrontando un processo difficile e a sua volta doloroso, insieme a tutte le persone che ci sostengono. Ma un processo che mio padre, e così tutti i nostri cari, meritano, per accertare la verità sulla loro morte.

Non ci sono parole che possano quantificare il dolore che una famiglia possa provare rivivendo gli ultimi attimi di vita sofferente della persona amata.

Io e Lucia Uva vorremmo esprimere alla famiglia Magherini la nostra solidarietà, tutta la nostra stima per il percorso difficile che dovranno intraprendere per salvare la dignità del proprio caro che non potrà più difendersi con la propria voce.

Siamo consapevoli che i nostri cari mai più nessuno potrà restituirceli, ma hanno il diritto di riposare in pace, perché a loro gli è già stato tolto il diritto di continuare a vivere.

Siamo e saremo con voi in questa richiesta di verità e giustizia perché la nostra forza è l’unione.

 

 

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