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Viareggio, processo a rischio

Viareggio, processo a rischioDaniela Rombi con la gigantografia della figlia Emanuela – Biagianti

Strage ferroviaria Appello dei familiari delle 32 vittime perché siano bloccati i termini di prescrizione. Dal processo, ancora in corso, rischiano di svanire tutti i reati colposi: da quello di incendio a quelli di disastro ferroviario, omicidio e lesioni plurime, e le violazioni delle leggi sulla sicurezza sul lavoro.

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 15 gennaio 2015

“Non accetteremo mai che il reato di incendio colposo vada in prescrizione. Mai, mai, mai. Perché queste persone sono bruciate vive”. La voce di Daniela Rombi è ferma, nonostante l’inestinguibile dolore di chi ha perso una figlia appena ventenne. Davanti alle telecamere del Tg3 toscano la portavoce dell’associazione “Il Mondo che vorrei, nata subito dopo la devastante tragedia ferroviaria costata la vita a 32 persone, rinnova l’appello dei familiari delle vittime. Perché siano bloccati i termini di prescrizione per i reati oggetto del dibattimento.

In processi del genere, il tempo non è mai galantuomo. Nonostante che il tribunale abbia fissato un denso calendario di udienze, il 29 giugno saranno passati cinque anni dall’ecatombe viareggina. Da quel giorno, denuncia “Il Mondo che vorrei”, potrebbero svanire i reati colposi contestati ai quarantadue imputati. Da quello di incendio a quelli di disastro ferroviario, omicidio e lesioni plurime. Ai quali si aggiungono le violazioni delle leggi sulla sicurezza sul lavoro.

Per dare ancora più forza all’appello, nel giorno in cui ha testimoniato (come parte civile) davanti alla corte, Danila Rombi ha mostrato una foto. Una immagine scattata pochi minuti dopo la gigantesca esplosione provocata dal gpl uscito dal carro-cisterna. “E’ l’ultima foto che ho di mia figlia Emanuela, che con la sua amica e collega Sara Orsi era rimasta a lavorare nella loro agenzia immobiliare. Guardatele, sono entrambe ustionate sul 98% del corpo”.

L’esame delle parti civili è iniziato dopo che la corte, per una decina di udienze, ha potuto ascoltare i dettagliati resoconti del professor Paolo Toni: Il cattedratico dell’Università di Firenze, consulente tecnico della procura di Lucca, dati (copiosi) alla mano ha spiegato ai giudici che, dopo il deragliamento del treno, la prima cisterna carica di gpl è stata squarciata da un picchetto tagliente – e pericoloso – posto lungo la linea, come rilevatore delle curve. Non da un elemento fisso e ineludibile dello scambio, come affermano i consulenti del gruppo Fs, e i periti del gip chiamati in causa nell’incidente probatorio.

Di più: il professor Toni non ha mancato di ricordare che, all’epoca, la decisione del gip fu presa a seguito di una relazione “assolutoria” redatta da un gruppo di docenti per conto del gruppo Fs. Una relazione che però non fu messa subito agli atti, e che peraltro Toni ha criticato a fondo, segnalandone le incongruenze tecniche. Così come aveva fatto, nel corso delle indagini preliminari, il professor Marco Boniardi, ordinario di metallurgia al Politecnico di Milano e consulente tecnico della presidenza del Consiglio, della Regione Toscana e del Comune di Viareggio. Ma ora Boniardi rischia di non essere ascoltato dalla corte. Perché i suoi “datori” o non hanno i soldi per la sua parcella – Viareggio è commissariata per un enorme buco di bilancio – oppure ritengono di non avere più bisogno della sua consulenza.

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