Rubriche

«Viale del mare Pietro Ingrao» a Sperlonga

«Viale del mare Pietro Ingrao» a SperlongaPietro Ingrao

Divano Oltre ad averne difeso gli interessi naturalistici contro la speculazione edilizia nei settanta, Ingrao ha dedicato a Sperlonga anche componimenti poetici. Soggetto, natura e storia si volgono a un comune orizzonte

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 31 luglio 2020

Solo contemplare l’onda:/senza invocare transito/o cibo: ospitarla/nella mente, senza frutto,/senza tentare alcuna costa,/né alcuna schiuma/frangere. Non più strumento:/leggere il mare». Si tratta di Solo, un componimento che trascrivo dalla raccolta di Pietro Ingrao, L’alta febbre del fare, pubblicata da Mondadori nel 1994.

La poesia è rivelatrice di un tratto della cultura di Ingrao e non solo della sua poetica, ma, a dirla in breve, dei modi interni e delle motivazioni profonde che agiscono nella sua disposizione a pensare la ‘politica’, a interrogarsi cioè sulla elaborazione di una praxis che realizzi una estensione degli ambiti di libertà di ciascuno. «Solo contemplare» è l’attitudine di chi voglia intendere il mondo in un contatto che si afferma tanto più intenso quanto più esente da ragioni d’ordine strumentale.

Una posizione che, per limitarci qui a richiamare un testo celebrato e assai noto di Marx, le Tesi su Feuerbach del 1845, espone il concetto di praxis di Ingrao ad obiezioni che chiedono precisazioni e messe a punto indispensabili. Nell’XI tesi, a sazietà ripetutamente citata, all’interpretare (interpretieren) il mondo, Marx contrappone il cambiare (verändern) il mondo, una indicazione che, sappiamo bene, segna cento e più anni della vicenda del socialismo e del comunismo. Presuppone Ingrao una distinzione tra l’interpretare di Marx e il contemplare? E quale costrutto connette o, almeno, coordina il leggere, nel convincimento di Ingrao («leggere il mare»), a l’interpretare? E saper leggere è condizione del poter cambiare? E il contemplare come si articola per addivenire ai processi pratici di mutazione, farsi componente attiva di cambiamento: un dipanarsi della contemplazione in rivoluzione?

Domande che mi sono posto e ho cercato di circostanziare altre volte riflettendo sugli scritti di Ingrao e commentando i suoi contributi soprattutto a partire dagli anni Ottanta. Ma non son questi, non semplici, gli argomenti che intendo qui trattare. Stanno bene sullo sfondo, perché lo spunto di questa nota mi è fornito dalla decisione del Comune di Sperlonga di intitolare a Ingrao una delle strade che portano alle spiagge, aperte come ali sui due versanti di quel tratto di costa dominato dalla città, a nord verso il Circeo, a sud verso Formia.

Questo è il mare che fin dall’infanzia Ingrao ha contemplato, dove si è immerso nel corso degli anni per le sue lunghe nuotate e che ha trasposto in poesia. Sul filo della memoria, e varie volte, Ingrao ha rievocato la casa e i luoghi di Lenola, il paese natale: «La vista del mare dal Colle, racconta, era qualcosa di molto preciso e molto intenso, perché individuava una lontananza e una suggestione di toni, anche molto netti. Il luogo dove ho vissuto queste sensazioni era proprio la spianata del Colle, a due passi da casa mia. Salivo verso il Santuario e lì c’era subito il bordo da cui vedevo tutta la vallata, la costa e il mare con le isole Pontine.

Era lo scenario di una alterità profondamente marcata rispetto al paesaggio campestre lenolese e quasi si incarnava in questa dimensione delle isole. Da bambino non mi portavano al mare. Ma, dall’affaccio che si apre alla straordinaria vista, mi appariva quella visione che ora cerco di evocare dicendo della immaginosità dell’isola. Si formulava per me la parvenza dell’isola come un da raggiungere. Un da raggiungere che emergeva e svaniva sul filo dell’orizzonte». L’oltre, una costruzione della mente che finge interminati spazi e poiché dispone lo spazio effettuale entro una determinata composizione prospettica, fa, del luogo, un paesaggio.

Stefano D’Arcangelo, assessore ai beni culturali e all’assetto del territorio del comune di Sperlonga, nell’intitolare il «Viale del mare Pietro Ingrao», ha rammentato il pratico, fattivo impegno profuso da Ingrao nella difesa della integrità di quel tratto di costa quando, nel 1974, assai forti erano gli interessi ad una speculazione senza regole.
Ha ricordato la sua attenzione al paesaggio, appunto, che non era per Ingrao un’area, un sito, ma un senso delle distanze, delle vedute e degli orizzonti. Percorsi e soste ove la natura è memoria condivisa.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento