ExtraTerrestre

Viaggi (e iperboli) alla scoperta di alberi ed essenze del mondo

In questa rubrica abbiamo già speso molte parole parlando della moda editoriale di pubblicare libri dedicati a piante e alberi. Se vi sono opere che emergono da un percorso autentico, […]

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 14 gennaio 2021

In questa rubrica abbiamo già speso molte parole parlando della moda editoriale di pubblicare libri dedicati a piante e alberi. Se vi sono opere che emergono da un percorso autentico, di ricerca, di scoperta, ve ne sono altre che sembrano rispondere più al desiderio di stupire con effetti speciali, cucendo notizie già risapute e accentuando con un linguaggio invitante qualcosa che non avrebbe bisogno di iperboli.

Le incredibili avventure delle piante viaggiatrici della biologa e viaggiatrice Karia Astafieff rientra in quest’ultima categoria. È risaputo che un limite dei libri dei viaggiatori entusiasti e compulsivi risiede proprio nelle stesse caratteristiche che li rende affascinanti, ovvero quel compiacersi dei viaggi fatti e delle grandi verità toccate con mano. Il titolo del saggio, in originale L’aventure extraordinaire des plantes voyageuses, già evidenzia questo intento. Davvero sono storie straordinarie? Ma se l’autrice, o l’autore di questi viaggi li hanno affrontati, nel 2010, nel 2105, nel 2018, sono davvero paragonabili alla letteratura classica o moderna del genere? Non siamo già eccessivamente densi di grandi inventori che ci vengono a raccontare non-credibili scoperte sensazionali? Quante vite segrete degli alberi dobbiamo ancora affastellare sugli scaffali? E quanti editori ancora debbono pubblicare il loro buon e meritato libro sugli alberi? Domande a cui ovviamente è lecito non rispondere.

Il volume della Astafieff offre al lettore dieci viaggi nel globo alla scoperta di altrettante essenze e diverse personalità, più o meno originali, che le hanno scoperte o importate o sottratte. Sequoia, tabacco, hevea, ginseng e fragola per quanto concerne le Americhe, rafflesia, peonia, kiwi, rabarbaro e tè per l’Asia. Africa e Europa non pervenute. Il tono della scrittura vuole essere accattivante: «Come potremmo punzecchiare gli inglesi, se il tè non esistesse? Come potremmo dividere il mondo in due categorie assolutamente fondamentali, quelli che bevono il tè e quelli che bevono caffè, anche se alcuni si adattano alla conclusione di questi due piaceri?».
Non nascondo che per me il libro sarebbe già da dimenticare. Però, poiché questa è una rubrica dedicata ai libri che si dedicano all’esplorazione del mondo vegetale e arboreo, non lo farò. Anche solo per gratitudine nei confronti di un editore, Add, che in genere pubblica ottimi libri. Un aspetto positivo dei viaggi risiede nelle notazioni storiche e botaniche, oggettivamente interessanti. Navigando in queste pagine possiamo comprendere come nasce la coltivazione del tè partendo dalla pianta cinese della Camelia sinesis, oppure che la fragola prende il nome dal botanico francese Amédée-François Frézier (1682-1773), come la magnolia da Pierre Magnol o la robinia da Jean Robin. Oppure che la peonia prende il proprio nome da Peone, il medico degli dèi. O, questa per me è stata una novità, che Alexandra David-Néel (1868-1969), orientalista e buddista, viaggiatrice, anarchico-femminista franco-belga, è stata la prima donna europea a entrare clandestinamente in Tibet, nel 1924. La sua storia viene purtroppo ridotta a poche righe ma meriterebbe di più: cantante d’opera da ragazza, dopo il matrimonio viaggia in India, in Mongolia, in Giappone, in Corea, scrive una trentina di libri fra i quali Magia e mistero in Tibet (1929) e Grande Tibet (1933). Le sono stati attribuiti riconoscimenti e le stati dedicati documentari.

Molti di noi amano il sapore del kiwi e magari lo coltiviamo in giardino ma da dove arriva? La pianta viene scoperta nel 1750 dal gesuita Pierre Nicolas Le Chéron d’Incarville a Macao, che ne invia dei ramoscelli in Francia. Un secolo più tardi tocca allo scozzese Robert Fortune (1812-1880), l’avventuroso cercatore di ogni cosa in giro per il mondo, che li incontra a Shanghai. Ma è nel 1886 che l’irlandese Augustine Henry (1857-1930) vede per la prima volta i frutti, che assaggia, apprezza e ne spedisce ai giardini botanici di Kew, a Londra. L’affermazione commerciale però dipende dall’importazione in Nuova Zelanda, dove arriva in seme nel 1904.
Se dimentichiamo il tono simpatico e ci concentriamo sulle storie e sulle nozioni anche Le incredibili avventure delle piante viaggiatrici merita un posto nella nostra variegata dendroteca.

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