Vestiti e tessuti con gli scarti dell’uva da vino
Il fatto della settimana a nuova frontiera del riciclo ecosostenibile. Un progetto di economia circolare. Vinaccia usate pure nella farmaceutica e nella cosmetica
Il fatto della settimana a nuova frontiera del riciclo ecosostenibile. Un progetto di economia circolare. Vinaccia usate pure nella farmaceutica e nella cosmetica
Dall’uva al tessuto. È questa la scommessa che hanno vinto i fondatori di Vegea puntando sulla vinaccia, l’avanzo di produzione del vino. La visione dell’azienda è chiara: trasformare gli scarti agricoli in materiali del futuro. Niente più cuoio derivante dalla lavorazione di prodotti animali e nemmeno materie prime provenienti dai combustibili fossili. È quello che si è proposta l’azienda sin dalla sua nascita, nel 2014. L’idea principale è quella di garantire un prodotto alternativo e sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico, in grado di essere applicato a diversi settori: dalla moda agli arredi, dai trasporti alle auto.
Vigne a perdita d’occhio. In Italia sono più di 660 mila gli ettari coltivati a uva, secondo l’ultimo censimento generale dell’agricoltura, che risale al 2010. La Sicilia è al primo posto per numero di ettari coltivati a vite, seguita dalla Puglia e dal Veneto. Insieme alla produzione di ortofrutta e di olio, il settore vitivinicolo è uno dei principali per l’agricoltura italiana. Una delle eccellenze del nostro paese, che si lascia dietro, però, un sottoprodotto: la vinaccia. Si tratta di una materia prima vegetale formata da bucce, semi e dalla parte legnosa del grappolo, detta raspo. In poche parole la vinaccia è l’avanzo dell’uva da vino. Questi sottoprodotti vengono utilizzati come fertilizzanti, impiegati come materia prima da trasformare in biogas e, nella maggior parte dei casi, finiscono nelle distillerie, come prevede la legge. Gli usi alternativi di questi avanzi del processo di vinificazione prevedono, anche, l’impiego nel settore farmaceutico e cosmetico.
1200 chili è il residuo annuo di potatura, per ogni ettaro, delle cantine con le quali collabora Vegea. Di materia prima per il nuovo tessuto, quindi, ce n’è in abbondanza.
Alla base della tecnologia brevettata Vegeatextile c’è un materiale frutto della trasformazione degli oli e della componente legnosa e cellulosica della pianta. Per arrivare a questa soluzione, raccontano i fondatori, ci sono voluti tre anni di ricerca e sperimentazione, per rendere il prodotto adatto ad essere inserito in una filiera agroindustriale come quella del vino. Il risultato è un tessuto tecnico, simile al cuoio, che viene descritto dai suoi ideatori come capace di adattarsi e modificarsi, a seconda delle esigenze. In grado di variare il suo spessore e la sua elasticità.
La lavorazione è ancora nella fase pilota ed è frutto della collaborazione con un’azienda tessile. Vegea, infatti, non si propone di entrare direttamente sul mercato con una sua linea di produzione di tessuti, ma di sostenere con la ricerca le aziende che vorranno realizzarli. Nell’ottobre 2017, grazie al supporto della H&M Foundation, hanno visto la luce i primi prototipi di abiti, borse e scarpe in Vegeatextile. A realizzarli è stato l’ecodesigner Tiziano Guardini, già vincitore di riconoscimenti nell’ambito della moda green.
L’idea è nata a Milano dalla mente di Gianpiero Tessitore e Francesco Merlino, determinati a individuare nuovi prodotti ecosostenibili in grado di trasformare le criticità del mondo agricolo in punti di forza. Un architetto, Gianpiero, interessato a trovare nuovi materiali per arredo, design e moda e un chimico, Francesco, con un passato di attività all’interno delle distillerie, dove ha conosciuto la vinaccia come biomassa. Le loro strade si sono incrociate quando Gianpiero Tessitore era alla ricerca di consulenza per le sue attività da architetto. Il contatto professionale, iniziato occasionalmente, ha dato vita all’azienda che esiste oggi.
Il modello di riferimento è l’economia circolare, ovvero la capacità di trasformare gli scarti in una nuova materia prima. Un sistema che punta a rendersi indipendente dalle risorse non rinnovabili, a promuovere il riuso di materie prime considerate di scarto, all’ottimizzazione dei costi e a una maggiore efficienza nel processo produttivo. Dallo scorso primo marzo l’azienda è entrata nel programma dell’Unione europea Horizon 2020 grazie a SME Instrument, un piano europeo di finanziamenti per sostenere progetti di innovazione nelle piccole e medie imprese. Grazie a questo riconoscimento Vegea punta a potenziare la ricerca nel campo del riuso della biomassa agricola e dello sviluppo di filiere integrate in tutte le loro fasi.
La ricerca dell’azienda non si limita al campo tessile, si propone soprattutto come centro di ricerca a tutto campo. L’obiettivo è essere in grado di declinare le innovazioni su diverse filiere agricole, per il recupero e la valorizzazione di scarti agroindustriali, per ridurre i rifiuti della produzione. Vuole, cioè, trovare uno sbocco ai sottoprodotti agricoli, trasformandoli in nuove materie prime, evitando quindi la concorrenza con la produzione alimentare. Ad oggi l’azienda è composta solo da un laboratorio di ricerca, per il resto della produzione si affida a partner, che coprono le diverse attività della filiera.
Vegea sin dalla sua fondazione ha ricevuto importanti riconoscimenti e premi, oltre a suscitare l’interesse di diverse aziende del settore agroalimentare. È stata premiata come modello virtuoso di economia circolare ed è entrata nel novero delle 50 migliori innovazioni del nuovo millennio, riconosciute dalla competizione internazionale per startup Eu top 50 competition del Parlamento Europeo.
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