Europa

L’Europa e il rischio di una «lenta agonia»

Al vertice europeo di Budapest - foto ApIl vertice europeo di Budapest – Ap

I nodi L’incognita Usa, la crisi politica a Berlino, Macron indebolito che cerca di rilanciare la difesa comune. Kiev teme il disimpegno

Pubblicato circa un'ora faEdizione del 8 novembre 2024

Lo champagne che Viktor Orbán ha stappato per celebrare l’elezione di Trump non è stato bevuto simbolicamente allo stesso modo da tutti i leader europei riuniti per il doppio vertice che, per un azzardo del calendario istituzionale della presidenza ungherese del Consiglio, ha luogo a Budapest: ieri il quinto appuntamento dei 47 paesi della Comunità politica europea e oggi un Consiglio europeo straordinario a 27 (come diceva Churchill, un bicchiere di champagne è sempre utile, sia per celebrare una vittoria che per consolarsi da una sconfitta).

LA PRIMA PREOCCUPAZIONE è la guerra in Ucraina, anche se l’accumulazione di crisi interne nei pesi Ue rischia di allentare i legami: ieri Olaf Scholz, alla testa del primo contributore europeo in aiuti all’Ucraina, era assente a causa della crisi di governo in Germania. Volodymyr Zelensky a Budapest ha affermato preoccupato: «Nessuno può prevedere cosa farà Trump» che ha promesso una «pace» in 24 ore, interpretata come un cedimento verso le richieste russe, una cessione di territorio e un impegno di Kiev a non entrare nella Nato per anni. Zelensky ha informato di un contatto con Trump, «una conversazione positiva e produttiva», il presidente ucraino spera in un’intesa a favore del suo paese tra un’Europa e un’America «più forti». Il primo ministro finlandese, Petteri Orpo, ha inviato un messaggio a Trump: «Sosteniamo l’Ucraina finché sarà necessario». Ma per il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, «la vittoria di Trump ha cambiato lo status quo dell’Ucraina». Ormai lo slovacco Robert Fico e la Repubblica ceca seguono esplicitamente il filo-russo Orbán (in attesa del cambiamento di posizione dei governi europei dove l’estrema destra è dominante, Italia in testa).

IL NODO DELLE RELAZIONI transatlantiche dopo la vittoria di Trump è stato affrontato dai 27 ieri sera a cena, dopo la chiusura della Cpe a 47 e in attesa della riunione di oggi dedicata alla competitività europea. Il primo scoglio per la Ue è trovare un messaggio comune, di fronte alla nuova amministrazione Usa. Un primo passo è stato una dichiarazione di sostegno alla Moldavia, firmata da Germania, Francia, Italia, Polonia, Romania e presidenze di Commissione e Consiglio, dopo un incontro con la presidente rieletta Maia Sandu. Ma già tra gli europei ci sono diverse sfumature di accettazione del diktat di Trump, che nella sua concezione contrattuale delle relazioni diplomatiche ha ingiunto ai 27 di aumentare la spesa militare per non difendersi a sbafo grazie agli Usa. Il nuovo segretario della Nato, l’olandese Mark Rutte, impegnato a recuperare risorse a favore della difesa, afferma che è «grazie a Trump» se la media della spesa nella difesa dei paesi Nato (Usa eclusi) è ormai «superiore al 2%» e che l’obiettivo è seguire la Polonia, che è arrivata al 4% (e compra made in Usa). «Noi europei non dobbiamo delegare per l’eternità la nostra sicurezza agli americani» ripete Emmanuel Macron, che cerca di recuperare a livello europeo un’autorità persa in Francia dopo la duplice sconfitta elettorale (europee e legislative) e insiste sulla necessità di «autonomia strategica» europea.

PER MACRON, «il nostro ruolo qui non è commentare l’elezione di Trump, sapere se è bene o male. È stato eletto dal popolo, difenderà gli interessi degli americani, è legittimo. La questione è: noi siamo pronti a difendere gli interessi europei?». Macron suggerisce all’Europa di diventare «onnivora»: senza essere aggressivi, gli europei devono imparare a difendersi, perché «in un mondo di carnivori, se decidiamo di restare erbivori, i carnivori vinceranno e noi saremo un mercato per loro». Oggi, il Consiglio europeo discute con Mario Draghi il rapporto sulla competitività perduta della Ue, minacciata di «lenta agonia». La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha affermato che la Ue è pronta a discutere con Trump sulle minacce di aumento dei dazi, per «analizzare gli interessi comuni». E avverte: «È nostro interesse che gli autocrati di questo mondo ricevano un messaggio molto chiaro, che non esiste il diritto della forza ma che lo stato di diritto è importante, è interesse comune non permettere ai grandi di intimorire gli altri».

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