[ACM_2]«Continueremo le proteste, a dispetto del tribunale». Parola di Henrique Capriles. Il leader dell’opposizione venezuelana (riunita nella Mesa de la unidad democratica – Mud -) ha commentato così la sentenza del Tribunal supremo de justicia che impone a chi intende manifestare di chiedere l’autorizzazione ai municipi. Una decisione pronunciata in modo unanime dai 7 magistrati del più alto tribunale del paese, in risposta a un ricorso presentato dal sindaco di Guacara, Gerardo Sanchez.

L’articolo 68 della Costituzione bolivariana stabilisce che tutti i cittadini hanno diritto a manifestare in modo pacifico e senza armi. Dalla prima settimana di febbraio, però, il paese è scosso da manifestazioni violente contro il governo, che per quanto notevolmente ridotte di intensità, non si placano. Finora, ci sono stati 41 morti e oltre 650 feriti, molti dei quali dovuti al fil di ferro teso per le strade durante le «guarimbas», barricate di detriti e spazzatura data alle fiamme. Gli Stati del Tachira, Merida, Carabobo (dove si trova il municipio Guacara) sono stati fra i principali teatri delle violenze. Anche ieri, in alcune zone ricche della capitale sono continuate le barricate. Nei municipi di Chacao e Baruta, sede delle istituzioni internazionali, i manifestanti antigovernativi hanno eretto da qualche settimana un accampamento di tende che impedisce il traffico. E per oggi gli studenti oltranzisti hanno annunciato che sfideranno la decisione del tribunale, scendendo nuovamente in piazza e che cercheranno di guadagnare il centro.

Dopo i violenti scontri del 12 febbraio, il sindaco del municipio Libertador, Jorge Rodriguez, ha impedito le manifestazioni nella sua giurisdizione, dove hanno sede i poteri pubblici (a partire dal palazzo Miraflores), i ministeri e le principali sedi industriali. Libertador è il municipio con la più alta densità di popolazione, il più esteso dei cinque che compongono l’area metropolitana di Caracas e l’unico che non appartenga allos tato di Miranda, governato da Capriles. Daniel Yabrudy, presidente della Federacion de Centros de Estudiantes de la Universidad Simon Bolivar ha contestato la decisione e ha chiesto al sindaco di «garantire la sicurezza degli studenti che manifesteranno».

Yabrudy appartiene all’ala oltranzista dell’opposizione, che risponde alle consegne di Maria Corina Machado e Leopoldo Lopez per imporre «la salida», l’uscita dal governo del presidente Nicolas Maduro. Con un gradimento di oltre il 50%, quest’ultimo ha festeggiato ieri un anno di «governo di strada», durante il quale ha intensificato i progetti sociali del «socialismo del XXI secolo». E la rivista Time lo ha messo tra i 100 uomini più potenti del mondo. Un anno in cui l’opposizione ha seminato ogni genere di trappole, ha detto ieri il presidente ricordando l’Assemblea costituente che, 15 anni fa, ha fondato la nuova Carta magna della Repubblica bolivariana. Per far fronte «alla guerra economica e al sabotaggio» che hanno acuito i problemi irrisolti del paese, Maduro ha illustrato un’«offensiva economica basata su 11 motori per lo sviluppo», che ha come perno il dialogo in corso con gli imprenditori e i rappresentanti di opposizione.

Jorge Roig, presidente di Fedecamaras (la Confindustria locale) ha definito «eccellente» la giornata di giovedì, durante la quale Maduro ha illustrato a oltre 700 imprenditori i termini del «nuovo modello economico», e Fedecamaras le sue richieste. «Ora bisogna incorporare i lavoratori», ha detto Roig. E le organizzazioni operaie che appoggiano il governo hanno annunciato che faranno sentire la loro presenza nel fine settimana e il 1 maggio: per evitare che le mediazioni messe in atto per disinnescare l’offensiva dei poteri forti si sbilancino verso la richiesta di flessibilità e privatizzazioni portata avanti dagli imprenditori. È pendente il ricorso del sindacato dei commercianti contro la Legge del prezzo giusto, erogata per combattere le speculazioni. E intanto Capriles e parte della Mud fanno propria una richiesta di aumento salariale, ben poco congrua ai loro programmi politici, improntati all’azzeramento «degli sprechi», ovvero le spese sociali effettuate dal chavismo.

«Senza imprese private nessun paese prospera», ha detto ieri lo scrittore Vargal Llosa, in Venezuela per appoggiare l’opposizione. E si è scagliato contro «l’irrazionalità» del socialismo. Dopo la terza tornata di dialoghi con il governo, sotto l’egida della Unasur e del Vaticano, anche i vertici della Mud hanno tuonato contro «un modello economico che ha distrutto le capacità produttive». E ora premono per l’approvazione di un’amnistia. «Non è tempo di colpi di spugna, ma di giustizia», ha ribadito il governo, incontrando le vittime del colpo di stato tentato contro Chavez nel 2002. E Capriles, che un giorno accetta il dialogo, l’altro cerca di recuperare i «guarimberos» è andato a trovare il suo antico sodale Leopoldo Lopez, leader di Voluntad popular, in carcere con l’accusa di associazione sovversiva con finalità di terrorismo.

Intanto, il ministro degli Esteri, Elias Jaua, ha chiamato in causa Capriles – suo antagonista nelle elezioni per il governo di Miranda, che lo ha battuto per un soffio – davanti all’Unesco: dove ha denunciato le violenze post-elettorali del 14 aprile 2013 e la rinascita di «una corrente neofascista» di opposizione.