«Jeunesse – Le retour» di Wang Bing

A inaugurare la prossima Mostra del Cinema di Venezia (28 agosto -7 settembre) sarà il già annunciato Beetlejuice Beetlejuice di Tim Burton, a chiudere c’è l’italiano Pupi Avati (L’orto americano), nel mezzo un programma di cui questi due momenti riassumono con efficacia le coordinate principali: Italia e America. E molte grosse produzioni, moltissime star – bloccate lo scorso anno dallo sciopero a Hollywood – che accendono i riflettori, riempiono i tappeti rossi, fanno impazzire i media nel «people» nostrano e internazionale. Il titolo inaugurale ne è un perfetto esempio, con un cast che porterà al Lido fra gli altri Michael Keaton, Winona Ryder, Monica Bellucci e il nuovo direttore della Biennale Teatro, Willem Dafoe. Ma questa è ormai da tempo la cifra del Festival veneziano nella direzione di Alberto Barbera – confermato per il prossimo biennio dalla nuova Presidenza di Pietrangelo Buttafuoco – che punta alla risonanza mondiale e ai riconoscimenti, corsa agli Oscar in testa. Con un lavoro che va detto ha riportato il cinema hollywoodiano al Lido – da dove a lungo è stato lontano – per la gioia anche delle istituzioni locali, Comune e Regione in testa – pure se in questi giorni il sindaco Brugnaro ha forse altre preoccupazioni.

SARANNO ovviamente i film a parlare, ma certo è difficile non notare che soprattutto il Concorso di Venezia 81 si muove fra poche nazionalità, spesso tenute insieme dalle coproduzioni. Cinque i film italiani sui 21 in gara per il Leone – ma sono tantissimi tra tutte le sezioni, non solo quelle ufficiali. Il più atteso è senza dubbio Queer di Luca Guadagnino che avrebbe dovuto aprire l’edizione 2023 con Challengers – bloccato anch’esso dallo sciopero – e che ha scelto Daniel Craig per interpretare il protagonista nella sua rilettura del romanzo omonimo di Burroughs (Adelphi) – alla sceneggiatura c’è sempre Justin Kuritzkes. Un progetto questo a cui il regista – già sul set londinese del suo prossimo film – pensava da molto tempo: «Avevo inseguito per anni i diritti ma era sempre molto complicato». Siamo negli anni Cinquanta, William Lee (Craig) è un americano che si è rifugiato a Città del Messico. È un solitario a parte qualche relazione con la comunità degli americani che vivono lì, finché nella sua vita irrompe Allerton, un giovane del quale si innamora perdendosi in un paesaggio che diviene sempre più allucinato fra amor fou e indifferenza.

DUE LE REGISTE: Giulia Louise Steigerwalt, all’opera seconda dopo quel Settembre (2022) con cui aveva vinto il David per il migliore esordio e per la migliore interpretazione a Barbara Ronchi che ritrova in Diva futura, la storia dell’agenzia di Riccardo Schicchi che inventò l’era del porno. Maura Delpero, anche lei al secondo lungometraggio in Vermiglio segue la storia di una famiglia nella Seconda guerra mondiale. E poi Iddu (Sicilian Letters) di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza e Campo di battaglia di Gianni Amelio che guarda invece alla Prima guerra mondiale attraverso le figure di due medici e di una loro amica volontaria alla Croce Rossa. Coproduzione Italia-Germania-Usa è Maria di Pablo Larrain, un’ immersione nel mondo di Maria Callas interpretata da Angelina Jolie.

«Harvest» di Athina Racherl Tsangari

GLI USA in gara sono poi Joker: Folie à deux firmato da Todd Phillips – che vinse il Leone col precedente – e interpretato da Joaquin Phoenix e Lady Gaga. Babygirl di Halina Reijn con Nicole Kidman e Antonio Banderas, Harvest di Athina Rachel Tsangari, protagoniosta Caleb Landry Jones.
Fuori concorso la coppia Brad Pitt e George Clooney in Wolfs di Jon Watts; Cate Blanchett in Disclaimer la serie di Alfonso Cuaron ma anche Harmony Korine (Baby Invasion) con la colonna sonora di Burial e Separated di Errol Morris che si confronta con la «tolleranza zero» messa in atto da Trump durante la sua presidenza separando migliaia di bambini dai genitori entrati clandestinamente negli Usa lungo il confine col Messico. E ancora in Orizzonti – sezione che appare molto compatta almeno come promessa – Alex Ross Perry e il suo Pavements e Sarah Friedland con Familiar Touch.

Sempre in concorso The Brutalist di Brady Corbet (con Adrien Brody, Guy Pearce, Vanessa Kirby). Scoperto da Venezia con The Childhood of a Leader (2015) e già in gara con Vox Lux il regista nato in Arizona racconta qui in 70 mm e in 205 minuti le vicende di un ebreo ungherese sopravvissuto ad Auschwitz che emigra in America, dove dopo anni di povertà, viene incaricato da un mecenate (Guy Pearce) di realizzare un gigantesco progetto architettonico – riferimento citato da Barbera The Fountainhead di King Vidor (1949) con Gary Cooper. E poi I’m Still Here di Walter Salles e Jeunesse – Le retour, il terzo capitolo della trilogia sui giovani in Cina oggi di Wang Bing – il secondo sarà in competizione a Locarno.

NEL FUORI concorso – dove sembrano convogliare anche proposte di ricerca – Lav Diaz e il suo Phantosmia; Cloud di Kurosawa Kiyoshi e Broken Rage di Takeschi Kitano. Allégorie citadine che riunisce di nuovo Alice Rohrwacher e JR e Bestiari, erbari, lapidari in cui Massimo D’Anolfi e Martina Parenti affrontano in tre atti gli animali, le piante, le pietre e le loro rappresentazioni usando il found footage per interrogarsi sul perché il cinema ha rappresentato di continuo questi mondi.

Marco Bellocchio in Se posso permettermi – Capitolo II torna al corso di alta formazione cinematografica «Bottega XNL – Fare Cinema» ritrovando il personaggio del precedente, un uomo bloccato nella sua casa che dovrà vendere. Kevin Macdonald e Sam Rice-Edwards firmano One to One: John&Yoko, la vita della coppia a New York nel 1972, utilizzando anche molti archivi inediti. Il centro è il One to One Concerts, che si svolse il 30 agosto di quell’anno al Madison Square Garden, Lennon era accompagnato da Yoko, dalla dalla Plastic Ono Band, dagli Elephant’s Memory.