Visioni

Vé Zou Via, il meticciato vocale tra Marsiglia e Napoli

Vé Zou Via, il meticciato vocale tra Marsiglia e NapoliVé Zou Via – foto Paolo Ferrari

Babel Med Una ricerca musicale senza barriere per l'ensemble che si è esibito con successo durante la tre giorni del festival francese

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 1 aprile 2014

Il biglietto da visita è una cartolina. La classica immagine di Marsiglia per turisti: il Vecchio Porto, alle cui spalle troneggia la cattedrale di Notre-Dame de la Garde. La chiesa simbolo della città, che nel sentire comune veglia sulla popolazione. Quando i partigiani avessero conquistato quel poggio, si diceva, Marsiglia sarebbe stata libera dai Tedeschi. Così avvenne. La cartolina però non si ferma lì. A sinistra della maestosa Grand Mère c’è una presenza ancor più ingombrante. Una sagoma familiare: il Vesuvio. Ritratto in posa apocalittica, con tanto di eruzione e colata di lava che dalle cité del nord scende verso la città vecchia.

È lo spirito di Vé Zou Via, nuova creatura bi – polide nata dalla fusione estemporanea tra il gruppo simbolo della polifonia vocale occitana marsigliese, Lo Còr de la Plana, e dal combo femminile napoletano Assurd, con l’aggiunta della presenza salentina di Enza Pagliara. Li abbiamo incontrati tutti insieme alla fiera Babel Med che si è tenuto la scorsa settimana.

 

Com’è nato il progetto comune?Manu Théron (Lo Cò de la Plana)

L’obbiettivo è creare un dialogo tra la cultura del canto provenzale marsigliese e quella del canto napoletano e del Sud Italia, con Enza che ricopre il ruolo importante di terzo polo in rappresentanza della tradizione del Salento. Il primo incontro è stato del tutto casuale, c’erano curiosità e stima reciproca ma sotto il profilo artistico e operativo il terreno era vergine, eravamo alle prese con un progetto da scrivere da zero.

Come vi siete organizzati?

Ci conoscevamo – a parlare è Manu Théron (Lo Còr de la Plana) – e ci stimavamo reciprocamente, poi a fine 2012 decidemmo di provare mischiare le carte. Ci sono state due settimane di prove insieme qui tra il Teatro di Saint Raphael e la Cité de la Musique di Marsiglia. Poi abbiamo alcuni concerti insieme. Il fatto di non vederci spesso paradossalmente diventa un incentivo, ogni volta che ci si ritrova per fare uno spettacolo si assapora il gusto del debutto.

Anche il nome è meticcio, suona come Vesuvio ma ha evidenti richiami occitani: cosa rappresenta?

Il Vesuvio è un simbolo forte di Napoli, e al tempo stesso sia Vé che Zou sono parole occitane con un significato proprio: «vé» significa «guarda», «zou» vuol dire «in avanti». In questo modo rivendichiamo l’esistenza di entrambe le nostre culture.

Molti marsigliesi hanno sangue napoletano nelle vene: è anche il tuo caso?

No, sono di origine lorena e savoiarda, ma cresciuto a Marsiglia. Il mio feeling con Napoli arriva da lontano, attraverso amicizie che coltivo da anni, fin da quando ero ragazzo e lavoravo con degli italiani. Ma il dialogo tra la musica italiana e la cultura francese è sempre stato molto sentito. Personalmente sono rimasto folgorato dai concerti di Giovanna Marini.

Com’è invece il progetto Vé Zou Via visto dalle Assurd?

Il primo approccio – sottolinea Cristina Veltrone – è stato molto semplice, noi siamo un gruppo di quattro donne, loro sono cinque bei ragazzi e il dialogo è stato naturale. È un aspetto ludico su cui scherziamo ancora adesso, quando dobbiamo fissare i concerti li chiamiamo matrimoni. Quando abbiamo sentito i loro canti ci siamo rese conto che c’era un terreno comune, dal momento che anche noi abbiamo delle polifonie. Siamo distanti nel modo di armonizzare, ma valeva la pena di provare a lavorare insieme.

Come?

Le combinazioni possibili erano tante, all’inizio abbiamo provato ad armonizzare ex novo sia brani del coro che nostri, e il risultato è stato davvero sorprendente. Gli strumenti sono ridotti al minimo, solo organetto, chitarra e percussioni proprio per evidenziare la centralità delle voci nel progetto. A quel punto siamo arrivati alla full immersion delle prove insieme pronti per scrivere i pezzi nuovi che ripromettevamo.

Di cosa parlano?

Il più possibile di cose comuni. Un problema che purtroppo affligge entrambe le città è l’immondizia, non riusciamo a capire se questa specie di campionato lo vince Napoli o Marsiglia, ma di sicuro non ci sono altre rivali all’altezza. Questo è un esempio del nostro lavoro: prendiamo gli stereotipi di Marsiglia e Napoli per denunciarli e rovesciarli. Da cose orrende come la camorra e la Terra dei Fuochi può venire fuori musica molto bella, e questa è la magia dell’arte. Dopodiché, quando in una serata come ieri ci passano sui piedi almeno sei topi ci sentiamo a casa.

Detto della vocalità e dei temi, come funziona l’alchimia ritmica?

Meglio del previsto, i ritmi serrati della pizzica si integrano molto bene con quelli più dilatati della galassia occitana. Alla fine dei conti l’unico ostacolo che ci ha creato qualche grattacapo è stata la lingua, anche perché loro su questo argomento sono tassativi, da buoni francesi hanno un approccio molto intellettuale e non recedono dall’occitano. Noi siamo più sanguigne, fisiche.

E il Salento come si muove in questa dinamica bipolare?

C’è, – interviene Enza Pagliara – anche se al primo ascolto può sembrare in secondo piano, in realtà dà un apporto importante all’amalgama. Con il tamburo tradizionale, con la sua vocalità specifica e con una canzone tradizionale che abbiamo inserito proprio per sottolineare la presenza del Salento. È il lamento di una donna che vede il suo uomo con un’altra; non mi risulta che sia mai stato cantato da un ensemble di nove voci.

 

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