Vasco Brondi, il fuoco ardente di uno strano «pop» impopolare
Note sparse «Un segno di vita» è il sesto lavoro discografico dell’artista emiliano, ex Luci della centrale elettrica
Note sparse «Un segno di vita» è il sesto lavoro discografico dell’artista emiliano, ex Luci della centrale elettrica
La copertina rosso fiammante, a figura intera con il volto leggermente sfocato incorniciato da una folta barba. Vasco Brondi è tornato con un disco che – va subito detto – è forse il migliore o quanto meno il più equilibrato. Un segno di vita (Carosello), dieci canzoni dove suoni elettronici e acustici si bilanciano in un incastro di melodie perfette, e testi che sanno cogliere il presente e raccontare il personale come pochi in Italia sanno fare. È il suo sesto lavoro – il secondo da quando ha smesso di firmarsi come Le Luci della Centrale Elettrica per lasciare spazio soltanto al suo nome – ed è l’album che segna una maturità artistica definitiva. Il disco dell’età adulta, ha appena compiuto quarant’anni, ma è soprattutto una raccolta di canzoni sincere, melodiche ma viscerali e interpretate quasi con un afflato punk.
Presente e personale nei dieci brani dai toni intimisti, tra gli ospiti Nada
DIMENTICARE la lezione di Giorgio Canali che l’ha prodotto agli esordi, è impossibile. Un viaggio che lui stesso ha voluto raccontare attraverso un libro che accompagna le edizioni limitate in vinile e in cd , una sorta di «romanzo di formazione». Nei brani i protagonisti dei precedenti lavori di Brondi sono cresciuti, una generazione diventata finalmente adulta che è maturata magari con proprie regole e ancora mille errori. Le novità negli arrangiamenti sono rappresentate dai produttori e musicisti coinvolti nella realizzazione del progetto ‘pop’, che Vasco ironicamente definisce «impopolare»: Federico Nardelli, Matteo Cantaluppi, Federico Dragogna, vere eccellenze nel loro campo.
«QUESTO DISCO – spiega il songwriter emiliano – è pieno di fuochi, fuochi di segnalazione di una vita di passaggio, incendi nei boschi e nei cuori, fuochi da custodire che bruciano e illuminano. Il fuoco che ci ha cambiati quando i nostri lontani antenati umani hanno in qualche modo imparato a gestirlo. Anche per l’antropologia è quello il momento in cui natura e cultura si confondono, dopo non è più possibile vederle separate. Il fuoco ha cambiato il nostro corpo, le nostre mascelle, i nostri denti, lo spazio nel nostro cranio, la forma delle nostre tane». Illumina tutto – il pezzo messo in apertura di scaletta – ha proprio questi connotati: è la storia di un uomo che ha tutto contro nella vita, ma che ha un fuoco dentro che arde e gli permette di sopravvivere anche in tempi bui. Di sopravvivenza – e ancor più di resilienza- parla anche Fuoco dentro che vede la partecipazione di Nada, perfetta a scandire con ritmo e intensità la storia di una donna che non si fa intimorire da nulla e nessuno. L’album si chiude con uno sguardo sferzante sul presente, La stagione buona inizia infatti con i dati – come in un telegiornale – sull’immigrazione e si chiude tra melodie e suoni distorti sulla frase: «Dammi il coraggio di sorridere di un sogno se non si può esaudire». La svolta «positiva» di Vasco Brondi.
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