Se è vero che il decreto Cura Italia ha meritoriamente bloccato i licenziamenti collettivi, in queste settimane di pandemia non sono mancati i licenziamenti individuali: un delegato sindacale di 52 anni della Flai Cgil alla Pregel di Reggio Emilia per «ragioni pretestuose» – «l’aver tossito senza coprirsi la bocca nelle vicinanze di un collega» quando «aveva entrambe impegnate a trasportate due secchi di materiale» – oppure Gabriele Sarti, il lavoratore iscritto ai Cobas licenziato dalla cooperativa Ati – che per conto di Alia raccoglie i rifiuti nel Mugello – a causa delle sue dichiarazioni in cui denunciava la mancanza di dispositivi.
Ebbene, per entrambi e per le migliaia di lavoratori che attendono un reintegro o mensilità non pagate avere giustizia al momento è quasi impossibile a causa del sostanziale blocco della magistratura del lavoro fino all’11 maggio. Proprio per fermare la «quarantena della giustizia del lavoro» arriva l’appello lanciato dall’associazione Comma 2 in una lettera indirizzata al ministero del Lavoro, al Consiglio superiore della magistratura, ai presidenti dei tribunali e delle corti di appello, alla commissione Colao sulla riapertura. «Chiediamo un immediato intervento degli organi di indirizzo per garantire l’applicazione della legge nella tutela dei lavoratori», scrive il presidente di Comma 2, l’avvocato bolognese Alberto Piccinini. «È paradossale e insostenibile socialmente che mentre milioni di lavoratori garantiscono salute e approvvigionamenti alimentari, gli stessi vengano privati di un servizio essenziale come la giustizia del lavoro».
L’articolo 83 del decreto Cura Italia infatti precisa che ora nei tribunali debbano essere trattati solo «i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti», ma fra questi sono da considerare le cause per reintegro e sussistenza dei lavoratori. Pochissimi tribunali del lavoro però stanno seguendo le indicazioni. La discussione delle controversie è prevista «in remoto»: i procedimenti non trattati in udienza ma dopo deposito delle memorie con conseguente decisione del giudice.
Se i casi che hanno portato a imporre alle aziende di food delivery di fornire dispositivi di sicurezza ai rider a Firenze, Bologna e Roma sono arrivate dopo ricorsi di urgenza, solo il tribunale e la corte d’appello di Roma continuano ad operare, anche grazie alle istanze dello studio Panici-Guglielmi che ieri ha vinto un altro reintegro di un lavoratore Sky in appello: «Vogliamo dare giustizia a quelli che vengono chiamati eroi?», si chiede polemicamente l’avvocato Pierluigi Panici