Mentre Giorgia Meloni oscilla tra le origini sovraniste e l’approdo all’establishment, tra le promesse di cambiamento e la realpolitik, il generale Roberto Vannacci sbarca a Roma per il suo primo evento. È accompagnato da Francesco Giubilei e Francesco Borgonovo, il primo incravattato con pose da intellettuale postfascista che prova a ridare un senso al conservatorismo schierandosi contro tutto ciò che dalla Rivoluzione francese in poi ha spinto verso l’uguaglianza, il secondo opinionista para-complottista che spazia dalla carta stampata a Byoblu per mostrare che la destra è contro i poteri forti «globalisti».

Vannacci, con tutta evidenza, è figlio di questo mondo. Ha masticato quei linguaggi e prova a restituirli al pubblico. Col sul bestseller sul mondo al contrario ha dimostrato di avere imparato a declinare i classici del pensiero reazionario nel lessico delle nuove destre. Ad ascoltarlo non ci sono militanti dell’estrema destra né soltanto personale politico dei partiti di governo. La sala al centro della capitale è piena ma non straboccante. Lui rivendica il successo del suo libro, sostiene che è la dimostrazione che esiste una discrepanza tra il «paese reale» e il mondo della politica e della cultura. Dice che da militare dei corpi speciali, essendosi occupato di psy-op, che traduce autarchicamente in «operazioni psicologiche», può affermare che le critiche di alcuni giornali servono a uno scopo. Quale, di preciso, non lo dice. Lascia all’uditorio il compito di trarre le conseguenze. Si limita a dire che ci sono una serie di minoranze che minacciano, in varie forme, lo stile di vita della maggioranza: dai graffitari ai movimenti Lgtbq fino ai sostenitori della società multiculturale che per il generale hanno spazio esagerato nei media.

Insomma, Vannacci invita la maggioranza silenziosa che ha decretato il successo editoriale del suo libro (non dice quanto ha venduto di preciso, ma annuncia che uscirà in cinque edizioni estere) a farsi rispettare per non soccombere alla dittatura delle minoranze. Farà politica? Risponde fino a un certo punto. Dice che il suo mestiere è fare il soldato e che non è detto che ciò significhi essere anche un buono politico. Un primo risultato, senz’altro dal punto di vista mediatico, lo incassa quando il ministro della difesa Crosetto annuncia l’istituzione di una commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito, tema del quale si era occupato. Non è affatto detto che sia merito suo, ma a questo punto in molti lo penseranno. è il segnale che con Vannacci, qualunque mestiere decida di fare da grande, la destra dovrà fare i conti.