Come avrebbe potuto essere il manifesto teorico/poetico che Valerio Evangelisti non ha scritto? Sicuramente non distante dal famoso Credo di James G. Ballard: «Credo nel potere che ha l’immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verità dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli…».

Sicuramente non distante dalle parole-chiave dei surrealisti: l’arte, la poesia, la rivoluzione, l’amore, trasformare il mondo, cambiare la vita. Nell’impasto di questi elementi emerge l’importanza della costruzione dell’immaginario, di immaginari contro il potere del capitalismo della sorveglianza e della società dello spettacolo che anestetizzano l’intelligenza e annichiliscono la capacità di agire. In un’intervista che Evangelisti fece a Ballard nel 2006, lo scrittore inglese sostiene che l’uso dei mezzi di comunicazione di massa è funzionale a un nuovo tipo di politica emotiva: «Perché questa è la chiave di tutto: le emozioni. Le emozioni sono sempre con noi. Non pensate mai: è un errore pensare».

Non si può pensare la libertà senza libertà di immaginazione era uno degli slogan durante l’emergere del berlusconismo («dittatura mediatica piduista-berlusconiana» erano le parole di Bifo) e come conferma Nico Maccentelli nella ricostruzione dell’esperienza di Carmilla, rivista (cartacea dal 1995, online dal 2003) fondata e diretta da Evangelisti: «Carmilla nasce in contrapposizione alla colonizzazione dell’immaginario da parte dei media, della società dello spettacolo».

QUESTO CONTRIBUTO è raccolto in L’insurrezione immaginaria. Valerio Evangelisti autore, militante e teorico della paraletteratura (a cura di Sandro Moiso e Alberto Sebastiani, Mimesis, pp. 226, euro 20). Un volume non celebrativo ma che apre contributi utili sia alla letteratura d’oggi sia all’intervento politico, a partire dalle molteplici e complesse sfaccettature dell’opera di Evangelisti.

In questa «informale wunderkammer dell’immaginario di un autore che ha fatto della critica del presente modo di produzione e dell’apocalisse inevitabile che l’accompagna verso il futuro il suo tratto distintivo», come scrive Moiso, troviamo i contributi di Luca Cangiati, che tesse i collegamenti tra ricerca letteraria e militanza politica; di Walter Catalano, Fabio Ciabatti e Franco Pezzini che raccontano la potenza «contemporanea» del ciclo dell’Inquisitore Eymerich, di Domenico Gallo che si dedica alla decostruzione del «fantafascismo» e alla pratica radicale della fantascienza, di Paolo Lago sulle eterotopie del ciclo dedicato ai pirati; di Moiso su affinità e divergenze con Salgari, di Aberto Sebastiani che si addentra su «forme e retorica del comico in Evangelisti», di Gioacchino Toni che ben contestualizza vita e opere nel brulicare di ideali e rivolte che affondano le radici in due secoli di «Emilia Romagna ribelle».

AL CREDO DI EVANGELISTI oltre a Ballard, ai surrealisti, a Dick, Ellroy, Vonnegut, Manchette, bisogna aggiungere – fa bene a ricordarlo Gallo – autori come George Mosse e Furio Jesi. Sugli scritti di questi studiosi lo scrittore bolognese poggiava la sua critica per smontare la macchina mitica pompata dalla cultura neofascista. Non fu un caso l’attacco scomposto che l’evoliano Gianfranco de Turris fece a Evangelisti, molto simile a quelli che fanno seguito a ogni ripubblicazione di La cultura di destra di Jesi. Il mito come «sangue e suolo» che fissa le gerarchie contro la mitopoiesi che decolonizza l’immaginario e apre al divenire rivoluzionario, come ci ha insegnato Evangelisti.

Il volume sarà presentato allo spazio Vag61 di Bologna, il 15 aprile dalle ore 14.30, nell’ambito di un’iniziativa in ricordo di Evangelisti e per festeggiare il ventennale di Carmilla on line.