Scuola

Valditara, le riforme a rischio: flop del liceo del Made in Italy

Valditara, le riforme a rischio:  flop del liceo del Made in ItalyStudenti – LaPresse

Ex cattedra Doppione dell’indirizzo economico-sociale, gli istituti stanno declinando la proposta. Incerta anche la revisione dei tecnici professionali con i privati in cattedra

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 12 gennaio 2024

Doveva essere l’anno della rivoluzione meloniana nelle scuole, il 2024. Invece le riforme su cui si è tanto speso il ministro all’Istruzione (e merito), Giuseppe Valditara, dietro il muro della propaganda, si stanno incagliando. In particolare scricchiola la riforma «mascherata», come dicono i sindacati, del sistema di istruzione secondaria perseguita attraverso il nuovo impianto dei tecnici e professionali e con l’istituzione del liceo del Made in Italy. Quest’ultimo è un’idea che il titolare dell’Istruzione ha partorito con quello delle Imprese e del Made in Italy, appunto, Adolfo Urso, ed era stata annunciata con grande enfasi dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante il Vinitaly dello scorso aprile. Negli intenti del governo questo nuovo indirizzo nasce per «valorizzare e promuovere le eccellenze italiane» ed è «una parte qualificante della nostra riforma della scuola che avvicina l’istruzione e il mondo del lavoro», come ha spiegato lo stesso Valditara.

NONOSTANTE GLI ANNUNCI di Urso, («un liceo che formerà le professioni necessarie alle filiere strategiche, moda e abbigliamento, ma anche arredo, ceramica e settori innovativi come l’aerospazio», aveva detto mercoledì scorso) questo nuovo liceo non è altro che l’economico-sociale (Les) con meno ore di lingua straniera e qualche ora in più di storia dell’arte. Forse per questo deve essere sembrato semplice a viale Trastevere prevedere l’avvio effettivo delle prime classi per il prossimo settembre. Invece l’intera operazione rischia di essere un flop: da nord a sud, gli istituti Les che potevano attivare anche, o solo, le sezioni Made in Italy stanno declinando la proposta. Diversi i motivi: dalla mancanza di organico e di tempo alla vaghezza del progetto, dettagliato solo per il biennio, alla mancanza di libri di testo adeguati.

SONO PROPRIO I TERRITORI più produttivi a rifiutare il liceo del Made in Italy. In Alto Adige, ad esempio, non ha aderito nessun istituto. «I tempi erano troppo stretti – ha spiegato il sovrintendente Vincenzo Gullotta – si sarebbe dovuto convocare il collegio docenti e il consiglio d’istituto durante le festività. Ma, al di là della tempistica, ci sono una serie di aspetti che vanno esaminati e per questo abbiamo deciso di aprire un tavolo di confronto». Anche in Friuli non partirà nessuna classe. Lo stesso a Vicenza, Bologna, Torino, Bari. «Le scuole che intendono attivare alcune classi prime del Made in Italy devono allo stesso tempo rinunciare ad attivare un numero corrispondente di classi prime del liceo delle Scienze umane – spiegano i Cobas Scuola -. Una pseudoriforma fatta con i fichi secchi ai danni di un indirizzo che esiste da più di dieci anni e che nello scorso anno scolastico era frequentato da più di 75mila studenti».

«DIFFICILE STABILIRE la vera finalità didattica e ordinamentale del nuovo liceo – dice anche la Flc Cgil – questa estemporanea introduzione finora ha avuto un solo esito: cancellare la straordinaria esperienza dei licei Economico sociali». Il sindacato di categoria della Cgil rilancia quindi l’appello «a tutte le istituzioni scolastiche che erogano l’opzione economico-sociale, di evitare l’istituzione del Liceo del Made in Italy per il prossimo anno scolastico». Di «pasticcio» parla anche Alleanza Verdi e Sinistra con la senatrice Aurora Floridia che commenta come «il fiore all’occhiello del governo Meloni si stia rivelando un flop».

SCADE OGGI l’adesione delle scuole all’altro asse della riforma Valditara, quello dei tecnici professionali. Un provvedimento molto discusso che prevede un corso di studi di solo 4 anni con un maggior numero di Ptco (ex alternanza scuola lavoro) ed esperti delle aziende in cattedra. Il ministro leghista lo ha lanciato, ancora una volta, qualche giorno fa in Calabria con il beneplacito della Regione, che è stata «tra le prime ad aderire alla sperimentazione». Con un chiaro obiettivo: «Far nascere un’offerta scolastica tecnico-professionale per la formazione di tutte quelle maestranze che saranno necessarie sia per la costruzione del Ponte sullo Stretto ma soprattutto per la gestione e lo sviluppo di quelle straordinarie potenzialità che questa opera genererà per il territorio».

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